mercoledì 17 luglio 2013

FAVOLE

Il Mittelhaardt
Ma se non si vive di sola Mosella, quale potrebbe essere una valida alternativa restando in Germania? Il Pfalz!
Lunedì 15 luglio scorso, all'Osteria del Giuse di Stradella (ristorante di cucina pavese-lombarda che si “nasconde” nella pancia del centrale Hotel Italia), l'enologo emigrante piacentino Nicola Libelli è tornato vicino a casa per le vacanze estive portando con sé una decina di bottiglie dalla sua terra d'adozione e non solo. Con Nicola infatti, dall'anno scorso primo enologo presso la mitica azienda Dr. Burklin-Wolf, c'erano anche alcuni ospiti, come Yvonne Lucas, pure lei produttrice nell'azienda di famiglia, Margaretenhof, e Josef Andres, 25enne anch'esso produttore nell'azienda del padre, Gebruder Andres. Di contorno, amici e appassionati di Riesling, tra cui noi due giardinieri.

PFALZ, CHE DIRE?
Pfalz, dunque. Considerando la serata di Stradella, quindi un punto di vista ridotto e limitato (per il prossimo viaggio in Germania bisognerà aspettare gennaio 2014), intanto la cosa strana, e bella, è che sembra che nel Pfalz abbiano tutti 25-27, massimo 28 anni. Almeno quelli che fanno vino. E che siano tutti svegli, simpatici e pure uniti tra loro.
Sì, lo so, non sembra vero. Detta così sembra un paradiso. Una specie di favola. Però, ricordando le loro recenti partecipazioni al Gutturnio Festival di Carpaneto (Pc), si ritrovano l'energia e la coesione di un gruppo culturalmente omogeneo che si sta incontrando-scontrando con la generazione precedente facendo scattare scintille positive.
Il Pfalz quindi ci ha fatto veramente una bella impressione, per i vini, ma anche per l'energia e il vitalismo senza pose che alcuni produttori sprigionano.
 
Vigneti a Forst
PFALZ, CHE DIRE (2)?
Geograficamente il Pfalz è il proseguimento dell'Alsazia. Attraversato da quelli che i tedeschi chiamano monti Haardt (e i francesi Vosges...i Vosgi, insomma) è un territorio lungo, 85 km, e stretto di grandi e antiche tradizioni dove si trovano resti di ville rustiche romane, le aziende agricole-vitivinicole del tempo e dove, negli anni '30, è stata fondata la prima Strada del Vino europea.
È la maggior regione produttrice di vino tedesca, oltre che la seconda per dimensioni dopo il Rheinessen, con oltre 23.000 ettari coltivati, e la seconda in termini di ore di sole, dopo il Baden. Ah, è anche la regione più rieslingosa al mondo, visto che qui si concentrano circa 5.500 ettari del nostro vitigno preferito, più della Mosella.
Ma non vige la monocoltura tipica della Mosella, perché le varietà a bacca scura occupano quasi il 40% della superficie, tra queste: dornfelder, spatburgunder (pinot nero), portugieser e saint-laurent. Qua e là non manca un pizzico di merlot e cabernet sauvignon.
Quindi tanto riesling, ma anche la regione più rossista di Germania. E ci sono pure i vini rosati, altra prerogativa della zona, prodotti soprattutto dal vitigno portugieser.
Se i Riesling targati Mosel-Saar-Ruwer esprimono prima di tutto eleganza e leggerezza, quelli del Pfalz sono più potenti e concentrati, un po' meno acidi, tendenzialmente più secchi e alcolici: il Riesling spostato su un versante più caldo, panciuto e pastoso, più meridionale, ma senza perdere di vista le austere agilità e snellezza teutoniche.
 
Grappoli di riesling a Forst
I VINI
Abbiamo assaggiato non alla cieca, con Nicola Libelli impegnato  a presentare i vini, in tutto nove, che si sono susseguiti durante la cena, accompagnati da alcuni piatti e prodotti proposti dal Giuse. A proposito, molto buona la zuppa a base della rara cipolla di Breme (paese della Lomellina) gratinata al forno, anche in abbinamento ai vini della serata (in particolare al primo).
Tutti i Riesling erano trocken (secchi), in buona parte dell'annata 2011 e di categoria spatlese o equivalente, provenienti da varie zone del Pfalz, ma in particolare dal Mittel Haardt (più che altro dai Comuni di Forst e Deidesheim, i due principali della regione). Un percorso, che raccontiamo rispettando la sequenza di servizio, scelto con intelligenza da Nicola, alla scoperta di vecchi e nuovi interpreti, di vecchia e nuova scuola (che molto spesso, per fortuna, si intrecciano), tenendo i nomi più “pesanti” in coda.
 
Matteo Bertè, Nicola Libelli, Josef Andres alla stappatura
Ruppertsberger 2012 – Dr. Burklin-Wolf
Fondata nel 1597 e ora diretta da Bettina Burklin-Von Guradze. 82 ettari (per circa mezzo milione di bottiglie) dal 2005 gestiti in Agricoltura Biodinamica a Forst, nel Mittel Haardt. Sì, avete letto bene: 82 ettari, in Biodinamica.
Questa etichetta proviene da due diverse vigne, da suoli con elevata componente argillosa che accentua la parte fruttata del vino.
Prima vendemmia gestita da Nicola Libelli. Il 40% della massa ha fermentato con lieviti indigeni in botti grandi di 25-30 anni, il resto in acciaio con lieviti selezionati.
Il bicchiere si apre su note agrumate di caramella al limone, mostrando un accattivante profilo, facile e fruttato, svelto, immediato e molto gradevole. Si rivelerà tra i vini più azzeccati, probabilmente il più adatto, alla zuppa di cipolle.
 
I Doppelstuck (2.400 litri di capacità ciascuno) di Dr. Burklin-Wolf
Forster Jesuitengarten spatlese 2011 – Margaretenhof
Azienda di 16 ettari che vanta un rapporto qualità/prezzo commovente e che produce in stile trocken da due anni, vinificando in acciaio con lieviti selezionati.
Da uno dei principali cru di Forst, con suolo vulcanico ad alta percentuale di argilla e presenza di basalto e arenaria che accentuano la mineralità. Naso sassoso, con l'ossigenazione emergono sensazioni di fumo e cenere, ma anche di frutti bianchi (pera) che persistono col passar dei minuti. Succoso e profondo, compatto nel lungo finale.
 
Konigsbacher Olberg 2011 – A. Christmann
20 ettari gestiti in biodinamica, in una zona con suoli più limosi e calcarei rispetto ai precedenti.
Macerazione sulle bucce per una decina di ore, lieviti spontanei in fermentazione e successiva maturazione sulle fecce fini fino all'imbottigliamento.
Un po' chiuso e scontroso nei primi minuti, ha bisogno di ossigeno per aprirsi; le note di gasolio al naso si combinano con cenni floreali; al palato ha peso, estrazione e calore alcolico, ma anche nervosismo e sapidità.
 
Langenmorgen 2010 GG (Grosses Gewachs) – Von Winning
Azienda con sede a Deidesheim che vinifica in tonneaux in parte nuovi, in parte usati.
Da un “Grand Cru” di Deidesheim già documentato alla fine del '400, estensione del confinante Paradiesgarten.
Unico vino della serata che fa un uso “sfacciato” del legno. Al naso note esotiche, di cocco e vaniglia, che lasciano in secondo piano frutto e mineralità; in bocca, pur ancora scomposta, emerge una forza acida sferzante (prerogativa dell'annata) che lì per lì quasi spiazza, ma ravviva e allunga il vino, lasciando ben sperare per il futuro.
 
Kallstadter Saumagen spatlese 2011 – Koehler-Ruprecht
Altra mosca bianca, per motivi diversi del precedente.
Azienda storica che si dedica a fermentazioni lunghissime in piccole, vecchissime botti, ovviamente con lieviti spontanei e poi...praticamente più nulla fino all'imbottigliamento. Approccio estremo poco o niente interventista. E una curiosità: il motto dell'azienda è “Il vino è la poesia della terra” di soldatiana (nel senso di Mario Soldati) memoria.
Cru di suoli calcarei che dà un vino floreale, con sensazioni di limone candito, erbe secche e pane tostato. Caldo e alcolico, selvatico e spontaneo, più largo che diritto, non lascia indifferenti.

Deidesheimer Herrgottsacker 2012 – Gebruder Andres
Da una parcella su suoli limosi situata molto vicino alla foresta.
Prima vendemmia aziendale in cui il confronto generazionale tra Josef Andres (che, ad esempio, ha inaugurato la pratica dell'inerbimento in vigna) e il padre inizia a farsi più serrato e stimolante.
Una parte del vino fermenta in tonneaux di 25 anni.
Il bicchiere offre un piacevole e vivo frutto agrumato, con note quasi di pino silvestre e una generale freschezza all'interno di un quadro nitido e preciso, ma non banale, di buona profondità. Buono, ben fatto e con un bel rapporto qualità/prezzo.
 
 
Birkweiler Kastanienbusch 2011 – Rebholz
Suolo atipico, unico per il Pfalz, di ardesia rossa, e altitudine di circa 300 metri (la più alta del Pfalz) per una tra le migliori vigne della zona, protetta dai venti freddi grazie alla presenza della vicina foresta.
Azienda storica, Bio dal 2009, qui alle prese con un Cru molto importante. Ancora molto giovane e un po' introverso, ma emerge con vigore una mineralità leggermente affumicata, poi agrumi, note appena verdi e soprattutto, in questa fase, un bellissimo attacco di bocca, che si sviluppa profonda, potente e lunga. Finale polposo con acidità ben integrata.
 
Forster Jesuitengarten GG 2011Basserman-Jordan
Altro storico peso massimo della zona, attivo da fine '700, con a disposizione circa 50 ettari, tra i quali una parte in questo Grand Cru di Forst, un tempo di proprietà del monastero gesuita di Neustadt.
Naso floreale e di pesca. Palato spedito, lungo, affilato e diritto. Una lama ben affilata con bellissimo finale. Complessità ancora compressa, ma molto promettente e già piacevole.
 
Pechstein 2007Dr. Burklin-Wolf
(In magnum)
Gran finale con il vino più maturo (in realtà ancora giovane), "firmato" dallo storico direttore di cantina aziendale. Affinato in botti grandi.
Da un cru (in azienda considerato un “Grand Cru”) vulcanico, sassoso e ricco di basalto nero che gli dà nome.
Naso complesso e nitido dove si intrecciano note zafferanose e di idrocarburi. Con i minuti escono eleganti note leggermente mielose, che si uniscono a sensazioni vagamente iodate e di erbe mediterranee. Finale armonico e compatto. Gran vino.
 
 
 
Il RieslinGarten non va in vacanza, si rifarà vivo qui e su Facebook (cercate IL GIARDINO DEL RIESLING), a presto!
 
Vittorio Barbieri

martedì 2 luglio 2013

SONNENFEUER


Oggi ci spostiamo in un'area, la Ruwer, che si sviluppa lungo il corso dell'omonimo affluente della Mosella e di cui, fino ad ora, non abbiamo mai parlato. Meglio tardi che mai.
Per assaggiare con calma le bottiglie siamo stati ospiti di Antonio Panigada, bravo e appassionato vignaiolo in quel di San Colombano.
Quando si parla genericamente di Mosella si tende ad infilare nel calderone anche le due sottozone della Saar e, appunto, della Ruwer, più defilate, piccole e fredde della Media Mosella.
La Ruwer ha convissuto a lungo con un problema storicamente riscontrabile anche nella Saar: la non sempre scontata maturazione delle uve, resa difficile dalla maggiore scarsità di raggi solari rispetto alla Mosella Centrale. Da anni la situazione è cambiata e le vendemmie ora sono meno complicate, al punto che, quando le maturazioni sono ottimali, ci si trova di fronte ad alcuni tra i migliori vini tedeschi, soprattutto in termini di grazia ed eleganza.
È un territorio in cui i fragili equilibrismi gustativi del Riesling si fanno in qualche modo più reali, cioè più rischiosi ed estremi. O la va, o la spacca, insomma. Un oscuro poeta del luogo, per descivere i vini qui prodotti, ha scritto: 'Sonnenfeuer, sternengold, kuhlen mondlichtschein'. Cioè: 'il fuoco del sole, l'oro delle stelle e il freddo del chiaro di luna'.
Due tra le aziende più rinomate da secoli sono: Maximin Grunhaus e Karthauserhof. Noi parleremo di entrambi, ma ci soffermeremo più che altro sulla prima.



L'AZIENDA
Maximin Grunhaus - Mertesdorf
Uno degli aggettivi più usati nel RieslinGarten è “storico” (con tutte le varianti di genere e numero del caso) e una delle espressioni più abusate è “azienda storica”. Bene, la usiamo anche stavolta, e non potremmo fare altrimenti. Basti vedere la notevole etichetta vintage immutata da quasi 150 anni.


Qui prima c'era una Abbazia dedicata a San Massimino e ancora prima pare ci fosse una Villa romana, dove gli antichi romani producevano vino nelle anfore. Riesling vinificato e affinato in anfora?
Comunque, il primo documento certo che parla della Grunhaus risale al 966 e all'epoca era di proprietà del monastero benedettino di Trier. A fine '700 l'abbazia è ancora guidata dall'Abate di turno, poi il ciclone Napoleone e la secolarizzazione della Chiesa stravolgono le carte in tavola e fino al 1810 il luogo è di proprietà francese. In seguito viene venduto alla famiglia tedesca Von Handel, ma attraverso un matrimonio, nel 1882, subentra la famiglia Von Schubert che, tra le varie cose, cambia l'etichetta (tuttora in auge). Herr Carl Von Schubert, che ha discusso una tesi di laurea sulla sostenibilità economica delle viticolture eroiche in forte pendenza, incarna oggi la quinta generazione.


Una curiosità: l'azienda vanta il record per il più alto prezzo di un fuder (botte di legno da 1000 litri) battuto a un'asta. Nel 1923 l'Astoria di New York ha acquistato per 100.000 marchi (circa 2,5 milioni di € attuali) una botte di Herrenberg Trockenbeerenauslese. Se passate dalle parti dell'Astoria, fate un tentativo e chiedete se per caso ne fosse rimasta una bottiglia.
 
LE VIGNE
I vigneti, che si trovano accanto alla casa padronale, confinano tra loro sul lato sinistro della Ruwer ed ogni anno producono circa 200.000 bottiglie.
I Cru (tutti monopole) sono: Abstberg, Herrenberg, Bruderberg, che tradizionalmente avevano una destinazione d'uso specifica all'interno dell'Abbazia.
Abstberg (il Grand Cru), ad esempio, dava il vino preferito dall'Abate (praticamente il capo), che doveva bere un sacco, visto che la vigna si estende per circa 14 ettari! Vitata da circa un millennio, questa porzione di collina presenta un sottosuolo con ardesia grigio-blu del Devoniano (carattere ricorrente anche nel Bruderberg), esposizione sud est-sud ovest e una pendenza che a tratti arriva a toccare il 70%.
 
Dall'Abstberg
Herrenberg forniva il vino per i Maestri del Coro dell'Abbazia, e si estende per 19 ettari su ardesia rossa.
Infine Bruderberg, il più piccolo, solo 1 ettaro, da cui proveniva il vino per i monaci.
In generale, Abstberg tende a dare più complessità e ricchezza di sfumature, un'eleganza polifonica, mentre Herrenberg esprime una grande freschezza acida un po' meno sfaccettata. Nella degustazione odierna (e ricordando anche passate degustazioni dei vini di Von Schubert) sembrerebbe emergere il passaggio di consegne, avvenuto nel 2004, tra il vecchio e il nuovo direttore tecnico, con quest'ultimo che pare aver accentuato un'espressività più generosa dei vini. Ma necessiterebbero ulteriori assaggi per averne conferma.
I vigneti, inerbiti, sono concimati prevalentemente con sostanza organica senza usare pesticidi, né erbicidi e sono coltivati per il 94% a riesling anche se, nel 2007, dopo 150 anni, a Maximin Grunhaus è tornato il pinot nero
Le rese medie aziendali sono di 50 Hl/ettaro.
Dal 2004 Stefan Kraml dirige l'azienda a livello tecnico, in sostituzione dello storico direttore Alfons Heinrich, che dopo mezzo secolo di onorata carriera è andato in pensione.
In cantina, fermentazioni con lieviti spontanei all'interno di fuder di legno (che negli ultimi anni provengono da una foresta di proprietà) e acciaio inox. I vini solitamente restano sulle fecce fini fino all'imbottigliamento, che avviene senza chiarifiche.
 
Dettaglio della cantina di Maximin Grunhaus
 
LE ANNATE
Ci siamo concentrati in particolare sull'assaggio di vini del 2007 con qualche piccola incursione nel tempo.

2007
Stagione molto lunga. Primavera calda e secca che ha portato ad una fioritura anticipata (terza settimana di maggio), settembre e ottobre più freschi con vendemmia iniziata l'8 ottobre e durata tre settimane di clima bello, che ha dato uve sane e poca botrytis
La fase principale della vendemmia è terminata il 26 ottobre, per una resa finale di 58 hl/ettaro.
Non una di quelle annate dove si registrano record di acidità, di densità zuccherine o altro. “Solo” una mirabile armonia, dove tutto pare essere andato al posto giusto nel momento giusto.

2004
Prima annata per Kraml e subito una sfida impegnativa data dal tempo inclemente. Estate fresca e 'movimentata', piogge, inizio vendemmia nell'ultima settimana di ottobre (quindi ritardata). Rese finali di 45 hl/ettaro.

2003
Calda, molto calda (anche se le temperature di dicembre e inizio gennaio hanno permesso la produzione di Eiswein, con uve raccolte il 4 gennaio). Millesimo da predikat elevati e da vini dolci (sono stati prodotti anche TBA, una rarità in zona).
 
I VINI
Subito una nota a margine: in un paio di etichette degustate compare la dicitura 'Superior', da pochi anni utilizzata in azienda per indicare vini provenienti dalle vecchie vigne, anzi, dalle parcelle più vecchie delle parti migliori dei Cru. 'Superior' indica dunque una materia prima in qualche modo superiore, ma, vista la particolare storia aziendale, è anche un richiamo alle gerarchie dell'Abbazia, dove il termine 'Superior' indica l'Abate.
Come sempre abbiamo assaggiato alla cieca, stavolta immersi nelle storiche cantine sotterranee di Panigada, dal vago sapore moselliano, anche se nella foto qui sotto sembra più che altro di vedere all'opera torvi figuri in una bisca.
Iniziamo a raccontare proprio i due 'Superior', i vini più secchi in degustazione e con percentuale alcolica più elevata (11,5%):
 
I degustatori all'opera, il primo da destra è il padrone di casa Antonio Panigada
Herrenberg Superior 2007 - Maximin Grunhaus
Naso idrocarburico e gassoso in un contesto olfattivo un po' introverso, accompagnato da una lieve sensazione di tonno sott'olio. Bocca inquieta, austera e amarognola, dritta e molto viva.
 
Abtsberg Superior 2007 - Maximin Grunhaus
Naso complesso con note minerali affumicate, poi agrumate; in bocca è roccioso e acuminato, saporito, slancio e polpa trovano buone combinazioni. Più completo, compatto e sfaccettato del precedente.
 
Herrenberg kabinett 2004 – Maximin Grunhaus
Prima annata di Kraml. Colore giallo carico, caldo, che predispone a un vino molto ricco. Invece, il bicchiere apre sì su un naso quasi tropicale, ma ritmato da note di tè e cassis, anche agrumi. Palato polposo, con finale pulito e rinfrescante, solido e compatto.
 
Herrenberg kabinett 2003 - Maximin Grunhaus
Colore giallo verdolino quasi sorprendente pensando all'annata e facendo il confronto col più giovane 2004, tanto da far temere confusione nel servizio delle bottiglie. Ma non è così, allora si pensa alla possibile differenza di mano tra i due direttori tecnici (lo ricordiamo, questa è stata l'ultima vendemmia di Heinrich).
Nel bicchiere il vino fa emergere note prima agrumate, poi nocciolose e di erbe secche, mostrando un lato ossidativo inizialmente nascosto che pian piano emerge, mantenendo comunque un profilo teso e dinamico, sapido ma forse un po' corto nel finale, con un carattere generale di evoluzione ben controllata.
 
Abtsberg kabinett 2007 - Maximin Grunhaus
Naso mieloso, sui toni del biscotto di pasta frolla, 'dolce', carattere caldo-maturo; in bocca la polpa è solida e discretamente ricca, con bel contrasto dolce-acido e buon equilibrio complessivo.
 
Abtsberg spatlese 2007 - Maximin Grunhaus
Il pari cru e annata del precedente, ma di predikat diverso offre note più fresche, quasi balsamiche (menta), lievemente canforose e di mela verde. Buono sviluppo gustativo con finale pulito, teso e compatto che chiude con sicurezza.

Herrenberg auslese 2007 - Maximin Grunhaus
Lieve nota lattica, quasi burrosa, al naso, che rischia di frenare il vino su toni monocordi e poco distesi. Ci pensa l'acidità viva e vibrante del palato, tipica del Cru, a garantire scioltezza e bevibilità.
 
Eitelsbacher Karthauserhof auslese 2007 – Karthauserhof
Approccio olfattivo accattivante per il primo intruso della degustazione (che si trova sempre nella Ruwer, a pochi km di distanza da M.Grunhaus): lychee e lavanda, caramella al limone, note floreali e fruttate nitide, ricche e generose. Il vino mantiene comunque una gradevolissima eleganza di fondo: fresco, cristallino e aggraziato.
 
Karthauserhofberg in febbraio
Zeltinger Sonnenuhr auslese 2007 - Selbach Oster
Il secondo intruso proviene dalla Mosella Centrale, da Zeltingen, zona più calda.
Floreale e mieloso, al naso indugia su note fruttate suadenti. Attacco carezzevole e affusolato, sviluppo grasso con note di confettura di frutti gialli, chiusura armonica con residuo zuccherino ben bilanciato dalla freschezza acida.
 
 
 
Torneremo presto con un approfondimento sul Palatinato (Pfalz).
 
Vittorio Barbieri