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giovedì 16 maggio 2019

ITALIA-GERMANIA

Nuova degustazione del ciclo realizzato con Slow Food Piacenza e l'amico Luca Bersani (ciclo quasi giunto al termine, in giugno l’ultimo appuntamento dedicato ai Fiano campani). 
Un confronto ridotto alle sole Italia e Germania: sei vini di altrettanti territori, tre contro tre. Anzi sette, compreso un intruso tedesco inizialmente non previsto. 
Ospiti a La Tosa di Vigolzone, patria della Malvasia di Candia aromatica, abbiamo sondato il lato “secco”, o trocken, della faccenda, pressoché d’obbligo quando si parla di Riesling Renano prodotti in Italia, ma tutt’altro che scontato quando si va in Germania, nazione della quale abbiamo provato - tra gli altri - due Grosses Gewaechs ed un Erstes Gewaechs, equivalenti ad ipotetici Grand Cru vinificati secchi.


Le prime citazioni scritte sul vitigno, a metà del ‘300, si trovano in Rheingau e sempre in questa regione (ad ovest di Francoforte) nella prima metà del ‘700 avviene la svolta per la valorizzazione del riesling in Germania, con la totale riconversione varietale di Schloss Johannisberg ed in contemporanea il decreto del Principe di Fulda che obbliga i proprietari viticoli del Rheingau a piantare riesling. Da qui in poi quasi tutte le attenzioni si concentrano su questa varietà. 
E in Italia? In quegli anni il riesling non è ancora pervenuto, bisognerà attendere circa 150 anni. 
Nel frattempo il vitigno in Germania assume sempre più importanza, arrivando a vivere – dalla seconda metà dell’800 – una vera e propria epoca d’oro in cui i vini di Rheingau e Mosella si collocano nel gotha dei vini europei. Più o meno in quegli stessi anni, finalmente, il riesling arriva anche in Italia (nel sud Tirolo, in realtà, all’epoca non ancora “Italia”) e per alcuni decenni si tenta di comprendere come gestire l’oggetto misterioso arrivato da nord. I risultati non sembrano dei più incoraggianti, visti i commenti degli enologi dell’epoca, che paragonano i Riesling sud tirolesi ai Marsala, più che ai vini renani. 
Poi arrivano in rapida successione la fillossera e le Guerre Mondiali. Dopo, la ripartenza sarà difficile per tutti e l’epoca d’oro del Riesling tedesco termina, arrivando a toccare il fondo (di qualità e immagine) negli anni ’70-’80 del secolo scorso in particolare proprio nella regione del Rheingau. Grazie ad alcune aziende private finalmente la situazione inizia a cambiare e, nel giro di quindici-venti anni, torna florida. Oggi, dall’inizio degli anni ’00 il Riesling teutonico sta vivendo una seconda epoca d’oro.


Anche in Italia - Alto Adige e Piemonte - all’inizio degli anni ’90 del '900 qualcosa di importante inizia a muoversi. In particolare si assiste ai primi, veri tentativi di piantare vigneti progettati per produrre Riesling di elevata qualità (per 100 anni in Alto Adige, il “nostro” vitigno è presente solo come varietà da taglio). Per un approfondimento sul tema vi rimando qui
L’Italia dunque vive un netto ritardo nella valorizzazione del riesling, che però - pur non appartenendo del tutto alla tradizione del Bel Paese - continua ad affascinare i viticoltori per la grande sfida che esso rappresenta. 
Prima di raccontare i Riesling degustati, un doveroso, seppur fugace, cenno ad una bottiglia del padrone di casa Stefano Pizzamiglio, la Malvasia Sorriso di Cielo 2009, degustata a fine serata, ennesima conferma di quanto questo vitigno solo con gli anni riesca ad esprimere davvero tutte le proprie potenzialità.
Vi ricordo che questo post viene pubblicato in contemporanea qui e su www.viniconleali.blogspot.it.
Buona lettura.


BATTERIA N.1: ITALIA

VAL VENOSTA UNTERORTL 2017 – CASTEL JUVAL
Una delle aziende italiane di riferimento quando si parla di Riesling (sono ben quattro le etichette rieslingose prodotte, tutte di alto livello), ma anche una delle prime in Alto Adige e in Val Venosta – all’inizio degli scorsi anni ’90 – a credere nelle potenzialità del vitigno. 
Il vino più giovane, ed anche il più contratto, tra i sette degustati, ma tra gli italiani è probabilmente quello con le maggiori potenzialità. Al naso è ampio: subito agrumato, si allarga verso note di mela verde, fiori di sambuco e pesca gialla, in un contesto lievemente balsamico con rimandi rocciosi. Ha palato strutturato ma elegante, diritto e cristallino, con una propulsione gustosa, salata e fresca.

TERRE LARIANE SOLESTA 2015 – LA COSTA
Dal territorio che non ti aspetti, Brianza lecchese, Val Curone, a due passi da Monza e Milano, un progetto affascinante e visionario voluto dalla famiglia Crippa, che oltre ad un buon Riesling realizza anche un Pinot Nero sorprendente. 
Da un’annata calda e ricca, un vino che si esprime in toni vanigliati combinati con sensazioni di idrocarburi, gesso, selce, agrumi maturi, miele millefiori ed erbe aromatiche. In bocca si sviluppa pieno e con buona articolazione, animato da una forza salina che allunga la persistenza e torna in un finale elegante e ben risolto.

VALLE ISARCO KAITON 2012 – KUENHOF
Altra azienda di culto del Riesling prodotto in Italia, pioniera nella zona di Bressanone e nella Valle Isarco tutta, apprezzata dagli appassionati per l’etichetta Kaiton, tra i più longevi esempi “nostrani” di Riesling. 
Idrocarburo evidente (il vino più idrocarburico della serata) completato da scie speziate (pepe bianco) e di frutta matura (ananas). Il palato attacca largo, ma è saldo e sapido. Comunque appagante, mostra uno sviluppo più compassato del solito; incide con buona progressione salina anche se senza il consueto, tonico allungo a cui il Kaiton ci ha abituato.


BATTERIA N. 2: GERMANIA

NIEDERHAUSER HERMANNSHÖHLE 2012 – DÖNNHOFF
L’azienda che ha trasformato la Nahe da una Cenerentola in una tra le zone più intriganti e apprezzate della Germania viticola. Dopo Donnhoff, nulla è stato più come prima, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90-inizio anni ’00. L’Hermannshohle è il più importante vigneto della regione, in grado di generare alcuni tra i più grandi bianchi europei.
Appena stappato sprigiona note di lychee quasi da gewurztraminer, ma l’ossigenazione fa emergere altre sfaccettature e nel complesso, rispetto ad un assaggio risalente a due anni fa, la dolcezza di frutto ha fatto un passo indietro per cedere spazio ad un più austero lato minerale, gessoso e sassoso, completato da una sfumatura quasi balsamica che sfiora la canfora e da rimandi agrumati e tropicali. Palato ricco e potente, ma anche articolato: molto saporito, ravvivato da una acidità viva e armonica, chiude con un finale lungo e profondo.

FORSTER UNGEHEUER 2010 – MOSBACHER
Da uno dei “Grand Cru” di Forst, nel Pfalz, paesino con una concentrazione impressionanti di grandi vigne. L’Ungeheuer è il sito in cui i coniugi Mosbacher esprimono probabilmente il meglio della loro produzione, contrassegnata da vini precisi e territoriali.
Bottiglia che vive di contrasti e di tratti quasi schizofrenici, nel senso che il naso sprigiona principalmente toni caldi (frutti giallo-arancioni maturi, dall’albicocca secca all’ananas) con una appena accennata sensazione idrocarburica sullo sfondo, ma in bocca – dopo un attacco pieno e avvolgente – libera un’acidità sferzante quasi violenta, rinforzata da sensazioni di lime, che deve ancora integrarsi al meglio. Nervoso e stimolante, rappresenta al meglio gli estremi della vendemmia 2010.

HOCHHEIMER KIRCHENSTÜCK 2005 – KÜNSTLER
Un classico del Rheingau, Kunstler, che nelle vigne situate accanto alla chiesa di Hochheim, in una zona relativamente calda, realizza vini di immediata espressività ma che possono durare (e migliorare) nel tempo.
Impatto olfattivo “caldo”, su toni di miele di castagno e persino accenni di dattero e fico secco, poi chinotto candito e lieve liquirizia, per virare infine su toni di pasticceria e pietra focaia. Bocca glicerinosa e potente, ma compatta e salina (più che acida) e con finale ben risolto. Bottiglia più rassicurante della precedente, anch'essa fedele traduzione del territorio e dell’annata.


VINO A SORPRESA...


RUDESHEIMER BERG ROSENECK KABINETT 1986 – BREUER
La famiglia Breuer è un pezzo di storia del Riesling trocken tedesco e Bernhard – papà di Theresa, attuale proprietaria - in particolare è stato tra i promotori di Charta, pionieristica associazione nata negli anni ’80 che ha dato il la alla rinascita dei Riesling “secchi” tedeschi.
Una bottiglia che compirà presto 33 anni. Bel colore, tanto per cominciare, appena dorato con riflessi vivi e luminosi. Naso giustamente evoluto, che dalle lievi sensazioni fungine avvertite nei primi  secondi post stappatura, si sposta presto su sensazioni di agrumi maturi/canditi (bergamotto), poi croccantino, confettura di rabarbaro ed infine lievi note balsamiche. Il palato sfoggia grande equilibrio: esile e agile, oggi si muove con movenze leggiadre grazie ad una acidità e ad un ormai appena avvertibile residuo zuccherino perfettamente integrati nella struttura. Chiude salino e, ancora, con cenni agrumati. Complesso e di disarmante bevibilità. Solo i grandi ci riescono.

sabato 13 aprile 2019

SUMMA 2019 - SECONDO TEMPO

Seconda parte del report sui Riesling degustati a Summa 2019 (qui la prima parte); stavolta andiamo nelle regioni tedesche Rheingau e Pfalz e nel Kamptal (Austria). Buon viaggio.


RHEINGAU 

BREUER 
Bernhard Breuer nel 1984 è stato tra i fondatori di Charta, associazione che ha avuto un ruolo fondamentale nello scuotere l'allora sonnolenta regione, ma anche nello stimolare la discussione nazionale sul concetto di vino trocken
Oggi Theresa, figlia dello scomparso Bernhard, continua l’attività nel solco tracciato dal padre, valorizzando i Cru di famiglia in etichette che spesso fanno dell’essenzialità il tratto dominante. 
I vini descritti nelle righe sottostanti provengono tutti dalle vigne di Rauenthal, uno dei due poli vitati (l’altro è a Rudesheim) dell’azienda. 


Rauenthal 2017 
Village in cui emergono note di frutti gialli con qualche nuances di fumo; sottile e slanciato, si sviluppa lineare e succoso. 

Nonnenberg 2017 
L’annata più recente del Grand Cru monopole dei Breuer in quel di Rauenthal mostra acidità decisa e grande incisività generale. In questo momento il naso è soprattutto sugli agrumi (lime, limone) con una punta di mineralità. Non ancora pronto, e ci mancherebbe, ma è un’ottima riuscita, con un mix magistrale tra zuccheri e acidità che darà ancor più soddisfazioni quando troverà pieno bilanciamento negli anni. 

Nonneberg 2010 
Roccia e cenere, limone candito e zenzero con lievi note balsamiche. Freschezza acida importante ma ben fusa nella struttura, che risulta diritta e sottile. Finale salatissimo e lungo. 


KUNSTLER 
Oggi è Gunther a guidare l'azienda di famiglia, precedentemente diretta da suo padre, Franz, ma le radici viticole famigliari vanno pescate nel 1648 in Repubblica Ceca. Solo dopo la seconda Guerra Mondiale Frank Künstler fonda l'azienda ad Hocheim, sulle rive del fiume Meno. Specializzata nella produzione di vini trocken (precisi e territoriali), l'azienda gestisce oltre 40 ettari tra Hocheim, Rüdesheim e Kostheim 

Berg Rottland 2017 GG 
Naso già espressivo (fruttato di mela verde, erbaceo fresco) e palato pieno, ricco di estratti ma misurato (senza eccessi alcolici) che viaggia su un’impalcatura acido-sapida vigorosa. Bel frutto succoso, saporito, con un tocco delicato ravvivato dall’acidità nel finale. 

Holle 2017 GG 
Profilo olfattivo in cui al momento prevalgono toni netti di frutti giallo-arancioni. Palato compatto, pieno e potente con finale molto lungo. Quando il lieve residuo zuccherino si integrerà meglio col palato, guadagnerà ulteriormente in precisione. 


Kirchenstuck auslese trocken 1998 (magnum) 
Una delle chicche di Summa 2019. Servito a temperatura ambiente si mostra senza trucco e può permettersi di farlo. Una bottiglia di quasi 21 anni che dimostra grande tenuta, con un frutto dolce ed elegante (a sfociare quasi in note di marzapane), erbe mentose ed un lievissimo tocco di idrocarburi. La dinamica gustativa è salda e compatta, con una piacevole acidità matura a supportare la struttura. 


PFALZ 

VON WINNING 
Azienda di Deidesheim nota principalmente per un uso del legno (piccolo o quasi, nel caso specifico si tratta spesso di tonneaux da 500 litri) più disinvolto rispetto alla media della zona. Ma anche per possedere parcelle vitate in alcuni tra i migliori Lage di Deidesheim e Forst, come Ungeheur, Pechstein, Jesuitengarten e Kirchenstuck. 
Qua e là il legno si fa sentire, ma nei casi migliori il “dosaggio” non sovrasta il frutto, in vini che sono sempre molto salini. 

Maushohle 2017 
Floreale di lavanda, poi arancia, tocchi minerali; vivo in bocca, diritto, eleganza acido-salina 

Reiterpfad 2017 
Naso più ampio e articolato in cui emergono toni di pepe, pompelmo, pesca e frutta esotica. Gusto teso e saporito con rimandi quasi marini. 


Ungeheuer GG 2017 
Il legno ha ancora bisogna di integrarsi al meglio e al naso ora prevalgono note esotiche di mango, cocco e vaniglia, che lasciano in secondo piano i lati floreale e minerale; la bocca, piena e ancora scomposta, esprime una forza acida che ravviva e allunga il vino. 


DR. BUERKLIN-WOLF 
Della storica (per trovarne le radici bisogna andare indietro fino al 1597) azienda con sede a Wachenheim ho scritto tante volte nel corso degli anni, aggiungo solo che l’impressione è di sempre maggiore sicurezza nel gestire l’importante parco vitato di 85 ettari coltivati in Biodinamica e suddivisi tra ben 4 comuni. I vini sono sempre stimolanti, mai banali, seguono un canone proprio che tende a lasciare esprimere in scioltezza il carattere di ogni annata, senza forzature ma sempre con grandi attenzioni in vigna e in cantina. 


Gaisbohl 2016 
Da un monopole di Ruppertsberg. Bottiglia che si esprime con un carattere sciolto e quasi verace, vien da dire, ma elegante, fine, con un tocco più lieve del 2015: frutto meno esplosivo (comunque belle note di pesca e di agrumi) e forse più erbe aromatiche, con mineralità in evidenza. Acidità matura che dona souplesse e finale incisivo. Arioso e piacevolmente austero al tempo stesso. 


OEKONOMIERAT REBHOLZ 
È dal 1632 che la famiglia Rebholz bazzica nella sfera viticola, anche se la vera svolta avviene con il mitico Ökonomierat (prestigiosa carica assegnata ai consiglieri agricoli del Ministro dell'Agricoltura) Eduard negli anni '40, epoca dei primi imbottigliamenti aziendali e della creazione dell'etichetta tuttora in auge. Eduard è stato un pioniere dei vini secchi di qualità in zona, siamo nella parte più meridionale del Pfalz, seguito prima dal figlio Hans e poi, dal 1978, dal nipote Hansjörg, attuale anima dell'azienda, ma anche della V.D.P. e della viticoltura del Pfalz in generale. 

Ganz Horn GG 2017 
Il Ganz Horn proviene da alcune parcelle dell'Im Sonneschein. Gesso e leggeri toni fumé, palato appena più rotondo del Kastanienbusch, meno diritto, ma animato da sapidità e acidità ben integrate. 


Kastanienbusch GG 2017 
Suolo atipico per il Pfalz, di ardesia rossa ed arenaria rossa, e altitudine di circa 300 metri (la più alta del Pfalz) per una tra le migliori vigne della zona. 
Frutta bianca (pera) e gialla (agrumi) con erbe aromatiche. Ancora introverso, lancia già qualche guizzo di luce che ci fa immaginare un futuro radioso. Acidità matura ma sferzante, che al momento comprime il vino. Tonico e vigoroso, profondo e lungo, ha grande potenziale e nel tempo guadagnerà in finezza. 


KAMPTAL (Austria) 

BRUNDLMAYER 
Con l’ultima etichetta segnalata ci spostiamo in Austria, nel Kamptal, a nord ovest di Vienna. L’azienda gestisce circa 75 ettari nei dintorni di Langenlois ed è a ragione tra le più importanti realtà austriache in assoluto. In generale i vini (Riesling ma anche Veltliner) sono precisi e lineari, ben calibrati, senza effetti speciali, ma dallo sviluppo sicuro e succoso. 


Zobinger Heiligenstein 2016 
Dal lato ovest della collina in cui l’azienda possiede ben 12 ettari in questo mitico Cru terrazzato, zona arida molto ventilata con accentuate escursioni termiche. Fruttato giallo-arancione (pesca gialla, melone e scorza d’arancia). Articolazione dinamica e viva, atletica, con polpa e agilità molto ben armonizzate.

lunedì 3 dicembre 2018

BREUER + BERG ROSENECK

Breuer è un peso massimo del Rheingau. 
Bernhard Breuer (papà dell'attuale titolare, Theresa) è stato tra i fondatori di Charta nel 1984, associazione che ha avuto un ruolo fondamentale nello scuotere l'allora sonnolenta regione, ma anche nello stimolare la discussione nazionale sul concetto di vino trocken, poi sfociata nell'odierna classificazione della V.D.P. e nella nascita dell'attuale “trockenwelle”, la nuova ondata dei vini secchi. 
L'associazione aveva individuato nella tipologia trocken lo stile da perseguire, fissando standard rigidi per chiunque volesse farne parte. Proprio Breuer aveva iniziato a puntare sui trocken già alla fine degli anni '70, quando molti, al di fuori della Germania, pensavano che i Riesling del Rheingau (e tedeschi in genere) fossero esclusivamente con residuo zuccherino.
A partire dal 1987 Charta aveva dato vita ad una nuova designazione, Erstes Gewächs, sorta di Grand Cru equiparabili agli attuali Grosses Gewächs, e per questo aveva iniziato la ricerca dei migliori Lage del territorio insieme all'Istituto di Geisenheim. Le ricerche si erano concluse nel 1999, quando ormai l'esperienza CHARTA – e la trentina di aziende ad essa connessa - era confluita nella V.D.P., con circa un terzo dell'area regionale (1.132 ettari) classificato come Erstes Gewachs, un'area molto ampia che aveva causato le critiche di alcuni soci, Breuer in primis. Ma la strada verso la valorizzazione dei trocken ormai era tracciata.

La cantina di Theresa Breuer, a Rudesheim

Oggi Theresa Breuer gestisce con piglio saldo i 34 ettari di proprietà (81% riesling) che, insieme ad una % di uve acquistate, arrivano a sfornare ogni anno circa 250.000 bottiglie. 
Tra i “Grand Cru” a disposizione, i Breuer possiedono 2.1 ettari nel Berg Roseneck (cioè “l'angolo delle rose”, più o meno, nome dato a questa collina nel XIII secolo per la storica presenza di rose selvatiche), esteso complessivamente per 30 ettari scarsi ad ovest di Rüdesheim con esposizione a sud e pendenze non particolarmente estreme (media del 35%, a tratti con declivi addirittura quasi pianeggianti). È compreso tra il Berg Schlossberg, il Berg Rottland (che si trovano sotto il “nostro” vigneto) ed il Drachenstein (più in alto, con microclima più fresco, un Cru meno quotato). Zona di vini ricchi, potenti ma eleganti, grazie a terreni più leggeri rispetto a quelli confinanti, in cui si alternano marne, loess e argilla con presenza di ardesia rossa e quarzo. 

Berg Roseneck: dall'alto: mappa, vista parziale e dettaglio del suolo

Berg Roseneck trocken 2006 – Breuer 
Subito il naso si apre su toni che dal torroncino/croccante alle nocciole si ampliano a sensazioni agrumate di lime e di pesca matura, poi di lieve idrocarburo per arrivare, dopo opportuna ossigenazione nel bicchiere, a note leggermente fumé di cenere. Il palato è ricco e ben articolato, con lievissimo residuo zuccherino che allarga l'ingresso di bocca e lascia presto spazio alla freschezza acido-sapida, ancora viva e tesa. Il peso ed il volume ci sono, ma ben supportati da una struttura saporita che invita al secondo bicchiere. 
Bottiglia entrata nel suo apice espressivo e che probabilmente vi resterà ancora per almeno tre-quattro anni.


mercoledì 6 giugno 2018

ENOLAB TRAPANI/3

Enolab Riesling con ONAV Trapani, ultima tappa. 
Presso SOOD – Sicilian Bistrot stavolta il tema principale è l'Alsazia, zona che uno stereotipo duro a morire dipinge come terra di vini morbidi e piacioni, ma che – soprattutto sul fronte Riesling - sa regalare espressioni ricche, sì, ma rigorose e tavolta quasi austere. Vini di razza e di livello assoluto. 
Prima di iniziare un grazie a Domenico “Mimmo” Basciano per le foto ed un grande ringraziamento a tutta la delegazione trapanese (Riccardo Cassisa in primis), a SOOD, a Winehouse ed ai partecipanti che hanno animato il corso.


Ad inaugurare la serie dei vini degustati in realtà è un intruso dal Rheingau, il Rauenthal Nonnenberg 2015 di Georg Breuer, non arrivato in tempo la volta scorsa e recuperato stasera. Agrumato e lievemente idorcarburico, ha un corpo sferzante di medio peso con finale di lunga persistenza acida. Guadagnerà complessità e articolazione negli anni.


Si parte con l'Alsazia e con i due non-Grand Cru della serata, entrambi prodotti da Agricoltura Biodinamica (stasera cinque vini su sette sono figli di questa filosofia), il primo proveniente da un Cru caldo, precoce e pianeggiante, il secondo da un Clos alto e ripido, più “nordico” e oltretutto da un'annata fresca. 
L'Herrenweg de Turckheim 2015 di Zind-Humbrecht si apre su note di fieno, poi selce e gesso; l'apertura olfattiva è lenta, ma continua e con l'aria emerge il lato fruttato (frutti gialli, melone). Il palato offre buon dinamismo con trama acido-sapida compatta, lunga e intrigante.


Il Clos Sand 2014 di Barmès-Buecher è più aperto e mostra un lato idrocarburico più spinto, con fondo erbaceo e fruttato maturo. La bocca attacca succosa, si articola con deciso slancio acido che persiste a lungo e innerva un finale di bocca affilato.


Si passa ai Grand Cru con lo Schlossberg 2016 di Albert Mann, gran vino di deciso impatto agrumato (cedro, olio di bergamotto), completato da cenni floreali e di frutti bianchi (pesca). Ha polpa e ampiezza di frutto anche al palato, dove il finale è lungo, compresso e molto giovane, scalpitante. Vino teso e voluminoso al tempo stesso, complesso, colto in una fase estremamente giovanile.


A seguire lo Schlossberg 2013 di Weinbach, che esibisce un frutto piacevolmente maturo, con tratti leggermemte tardivi e più caldi: confettura di albicocca e di susina gialla, poi idrocarburi. La bocca è ricca e grassa in apertura, potente e di grande energia salina. Denso e vigoroso, unisce grassezza e slancio.


Si resta nell'ambito della potenza, anche se più scapigliata, con l'Hengst 2013 di Barmès-Buecher, minerale e fruttato (agrumi canditi), speziato; ampio e di buona concentrazione, ha un finale asciutto e leggermente tannico.


La chiusura è affidata a un disarmante confronto tra due annate dello stesso (grande) vino, la Cuvèe Frederic Emile di Trimbach 2009 - annata calda - e 2008 - annata fresca d'altri tempi -, da grappoli dei Grand Cru Geisberg e Osterberg; la prima più generosa, avvolgente, grassa, giocata su toni tostati, fumè e di croccante alle mandorle, ma al tempo stesso salda e compatta con finale armonico; la seconda, pepata e agrumata, mostra una eleganza austera e meno accomodante soprattutto al palato, dove il volume è nascosto da un slancio acido viperino accentuato dal residuo zuccherino pari quasi a zero.


domenica 9 luglio 2017

RIESLINGATA N. 5: PILLOLE

In un temporalesco mercoledì di fine giugno si è svolta la quinta Rieslingata estiva, ovvero una informale bevuta tra amici (colleghi produttori e ristoratori) a base del nostro vitigno preferito. Per la prima volta è stato il Ristorante Ca' dell'Orso (Torrano di Ponte dell'Olio, Pc) ad ospitare l'evento.
13 le bottiglie stappate, prevalentemente tedesche e quasi interamente trocken, alcune già assaggiate di recente durante l'Enolaboratorio Riesling di Piacenza, come l'Abstberg kabinett trocken 2008 di Maximin Grunhaus/Von Schubert (luminoso esempio classicheggiante di kabinett della Ruwer), la Cuvée Frederic-Emile 2008 di Trimbach (diritta e lunga, segnata da sapide vibrazioni lievemente ossidative) e il Nonnenberg 2005 di Breuer (gran vino, elegante e compatto).
Tra le altre 10 bottiglie assaggiate ne ho scelte due di cui vi parlerò in modo più approfondito, casualmente entrambe del Rheingau: il Rudesheim Estate 2015 di Breuer e il “J” spatlese trocken 2011 di Wegeler, scelte perché inedite su queste pagine, oltre che particolarmente riuscite e con buoni rapporto qualità/prezzo.
Le altre otto, in ordine sparso, a partire dai tedeschi: Schiefer 2014 di Villa Huesgen, in apertura di degustazione, un “base” di razza. Hohenmorgen G.C. 2014 di Dr. Buerklin-Wolf, Hocheim Kirchenstuck GG 2015 di Kunstler, una bomba di intensità, Wolfer Goldgrube spatlese 2009 di Vollenweider (l'unico non trocken del lotto); gli alsaziani Breitenberg 2012 di Kubler e Steinert 2011 di P. Frick; l'oltrepadano Landò 2010 de Le Fracce. E l'intruso a base chenin blanc Les Tris de la Chapelle, botritizzato secco di Chateau de Fosse-Seche, zona Loira ovest.
I due vini scelti, dicevo.
Con ordine, per primo il Rudesheim Estate 2015 di Breuer, un “village” esemplare che vale quasi un Grand Cru, testimonianza della bravura dei Breuer (oggi c'è Theresa alla guida) e, più di tutto, delle potenzialità di quel territorio magico. Costo in enoteca circa 21-23 €.

Immagine tratta da www.georg-breuer.com


Da suoli ricchi di ardesia e quarzo, un'annata con inverno caldo, primavera nella norma, estate calda con poche piogge. Rush finale pre-vendemmia con settembre piovoso e clima che, con l'avvicinarsi della raccolta, si è via via rimesso in sesto, garantendo alla fine una bella annata. Rese di 45 Hl/Ha.

Rudesheim Estate 2015 trocken – G. Breuer
(Alcol 11,5%, zuccheri residui 7,7 gr/l, acidità totale 8,8 gr/l)
Naso ben definito su toni di pera e frutti bianchi, frutti esotici ed erbe aromatiche (finocchietto). Bocca ancora meglio: si sviluppa decisa in scioltezza grazie a una struttura ampia molto sapida, lunga e articolata. Potente ed elegante. Un finto “base” (in effetti un “village”) che raggiunge livelli da Grand Cru.


Il secondo vino è il “J” di Wegeler, “Grand Vin” dell'azienda di Oestrich (Rheingau); Wegeler possiede anche una tenuta in Mosella, a Bernkastel, con tanto di piccola parcella nel Doctor (qui ne avevamo parlato).
Il “J” proviene da 15 parcelle sparse tra Geisenheim e Rudesheim ed è stato prodotto per la prima volta nel 1983. In rete si trova in vendita sui 25 €.


Geheimrat J spatlese trocken 2011 – Wegeler
(alcol 12,5%, zuccheri residui 8,3 gr/l, acidità totale 7,8 gr/l)
Al naso spiccano note di idrocarburo ben integrate con sensazioni di pera e pesca, poi anche di erbe. In bocca lo stile è rigoroso ma non troppo austero: salato, persistente, compatto. Bilanciato tra acidità e zuccheri, risulta molto scorrevole e non banale. In una parola “classico”.

sabato 8 aprile 2017

ENOLABORATORIO RIESLING/4

Si è chiusa la bella esperienza dell'Enolaboratorio Riesling, fatto e pensato insieme ad ONAV Piacenza. Prima di tutto un grande grazie a tutta la delegazione, mix di competenza, disponibilità e simpatia. Bravi.
Nell'ultima tappa del viaggio siamo andati a spasso nel tempo - dal 2005 al 1977 - e nello spazio, limitandoci in realtà a due sole aree della Germania: Rheingau – primi due vini - e Mosella – i successivi sei, tra cui un vino della Ruwer ed uno della Saar. Un viaggio utile non tanto e non solo per avere la conferma che i migliori Riesling sono vini parecchio longevi, quanto per seguirne idealmente lo sviluppo e l'evoluzione nel corso degli anni, osservarne la trasformazione dopo averne colto – nella prima serata del corso – il lato più giovanile.





Di seguito il racconto degli 8 vini, in un percorso degustativo rocambolesco su e giù tra i decenni e le tipologie.
Grazie ancora una volta a Luca Cannizzaro per le foto.

Rauenthaler Nonnenberg trocken 2005 – Georg Breuer
Naso sul versante floreale e fruttato, non propriamente “caldo” ma comunque “carnoso”. La bocca attacca ampia e potente, si articola con buon bilanciamento e chiude con finale fresco e sapido.
Il vino è giovane anche se già molto piacevole e di buon equilibrio, ma lo aspettiamo al varco per risentirlo tra 3-4 anni.


Hochheimer Holle auslese trocken 2002 - Kunstler
Rispetto al precedente gli aromi sono più evoluti e centrati su un registro terziario più pronunciato tra confetture e toni di cenere/fumo. Palato molto bello, sferzante e pieno, con un'acidità guizzante e salata che attraversa il vino dall'inizio alla fine rinfrescando una struttura importante.


Urziger Wurgarten spatlese 1977 – Benedict Loosen Erben
Qui si sale sulle montagne russe con una spatlese non trocken di 40 anni che sembra quasi trocken. Naso d'impatto scontroso, quasi fungino e fortemente iodato e torbato. Con l'aria poi si rivelano anche note di agrumi confit. Bocca sottile e piccola (figlia dell'annata) ravvivata da una acidità citrina e sgrassante. Vino disarmonico dal fascino irregolare e turbolento.


Scharzhofberger spatlese 2001 – Von Kesselstatt
Dalla Saar. Si torna a un registro più accogliente e rassicurante con il primo dei vini con residuo zuccherino più evidente. Pesca, albicocca, pera, mango, camomilla: naso didattico e di gradevole immediatezza; bocca vellutata e fresca al tempo stesso. Impeccabile ed esemplare.


Wehlener Sonnenuhr auslese 1997 – J.J. Prum
Uno dei 3 imbottigliamenti (lo 09 00) di Wehlener Sonnenuhr auslese proposti da Prum in questa annata.
Dopo l'eleganza classica e sottile, appena austera, dell'eccellente auslese 2004 assaggiato nella prima serata dell'Enolaboratorio, si passa ad un altro fuoriclasse che si annuncia con un colore molto chiaro e tenue. Frutto agrumato (buccia d'arancia matura) ed erbe aromatiche (salvia, basilico) in grande evidenza; lievi sbuffi sulfurei che restano sullo sfondo a completare il quadro. Bocca elegantissima e succosa, salda e molto lunga. Un vino che sembra ancora all'inizio del proprio lungo cammino: grande complessità in totale scioltezza e, ancora una volta, grande bevibilità.


Maximiner Grunhaus Abstberg kabinett 1989 – Maximin Grunhaus/Von Schubert
Dalla Ruwer. Lieve sfondo iodato con buon frutto e note di torrefazione ad ammorbidire l'impatto iniziale. La bocca, molto viva, è innervata da un'acidità salata che dà sprint e trova armonia con un residuo zuccherino che arrotonda e “scalda” un vino comunque fresco e pimpante.


Longuicher Maximiner Herrenberg spatlese 1988 – Schmitt Wagner
1° TEMPO
Da un vigna a piede franco piantata nel 1896 (che oggi ha dunque 121 anni e che quando venne prodotto questo vino aveva “solo” 92 anni…).
Naso inizialmente ombroso e reticente che l'aria (il vino è stato servito un paio di ore dopo la stappatura) smuove solo di poco da note terrose e di foglie morte, di muschio-muffe. Chiede pazienza e solo a fine serata inizierà a tirare fuori il frutto, ma lì per lì sembra quasi non volersi far piacere. La bocca però si rivela da subito cristallina, nitida e precisa, persino rinfrescante.
Bottiglia a due facce, che costringe i degustatori ad uno sforzo in più, ma che sa regalare emozioni.
2° TEMPO
Poi succede che qualcuno, un corsista curioso e avveduto, Marco Massari, si porta a casa ciò che resta di una bottiglia (la seconda stappata, perché la prima sa di tappo) e qualche giorno dopo mi scrive:
A 24h di distanza il vino è proprio cambiato tanto, il naso esce in maniera molto fine ed elegante e le note iniziali lasciano il posto al frutto ed a note di grafite e pietra focaia. Avessi portato a casa la bottiglia intera difficilmente mi sarei fermato”.


Urziger Wurzgarten auslese 1985 – Benedict Loosen Erben
Chiusura della serata e del corso con un'auslese di armonia esemplare. Naso di frutti gialli in confettura e fumo. Struttura gustativa ampia e piena, elegante e armonica. Vino completo, piacevolmente pronto (probabilmente vicino al proprio apice espressivo) ma che darà ancora soddisfazioni negli anni.