Le colline lecchesi hanno una lunga tradizione viticola che nel secondo dopoguerra si è bruscamente interrotta. Le vigne sono diventate, o tornate ad essere, boschi, i rovi hanno preso possesso delle colline, i vignaioli sono entrati nelle fabbriche e l’area è stata pressoche abbandonata, in una storia che purtroppo è comune a tante altre realtà nazionali. Così fino alla fine degli anni ’80-inizio anni ’90.
Ad andarci oggi invece, in quei luoghi, per lo meno all’interno del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone (in particolare tra le Cascine Galbusera, bianca e nera, a La Valletta Brianza) è un brulicare di escursionisti, ciclisti ed appassionati di vino che percorrono i sentieri a lato o dentro gli spettacolari vigneti terrazzati.
Merito di ciò va anche all’intuito e alla passione di Giordano Crippa, che nel 1992 ha iniziato un lungo lavoro di recupero di cascine e terrazzamenti a pochi km dal centro di La Valletta Brianza, fino ad arrivare alle prime vinificazioni nell’anno 2000. Oggi La Costa è agriturismo e cantina, quest’ultima gestita in particolare da Claudia (figlia di Giordano), anche Presidente del Consorzio Terre Lariane, coadiuvata da validi collaboratori come il bravo Luca Bennato, enologo di casa. Dai 2 ettari iniziali l’estensione vitata è salita a quota 11,5 ettari terrazzati, gestiti in regime Biologico, posti tra 350 e 480 metri slm con elevate escursioni termiche, dai quali ogni anno non si ricavano mai più di 50.000 bottiglie.
Le rese qui sono basse a causa dei (o grazie ai) terreni poveri, rocciosi, marno-calcarei con presenza di granito rosa.
In un’area povera di vitigni tradizionali, a parte il verdese, la scelta è stata di puntare su vitigni originari di altri territori ma adatti al contesto pedo-climatico della zona. Ecco allora, tra gli altri, il pinot nero (ottima l’annata 2016 del Don Giobbe, elegante e incisivo) e il riesling renano, attualmente presente in vari impianti sparsi realizzati tra il 1994 ed il 2014. A parte la vigna più recente, ritenuta ancora troppo giovane, le altre vengono impiegate per produrre il Solesta, completato da un piccolo saldo di incrocio Manzoni.
Le ultime due annate in commercio sono state la 2015 e la 2014, opposte per andamento climatico e naturalmente molto differenti anche a livello espressivo.
Lavorazione che prevede una vinificazione in acciaio e tini di acacia da 20 Hl con successivo lungo affinamento sui lieviti e periodici batonnages. Segue ulteriore affinamento in cemento e circa sei mesi in bottiglia. La produzione attualmente si aggira sulle 4.000 bottiglie.
Solesta 2014 - La Costa
Colore carico che anticipa un naso dai toni mielosi, floreali e di frutti gialli maturi. Palato di medio peso rinfrescato da un’acidità viva e piacevole. Lo sprint gustativo oggi è probabilmente l’elemento più interessante di una bottiglia che chiede ancora tempo per aprirsi in una fase olfattiva di maggiore complessità. Se col tempo iniziasse ad uscire il lato minerale, al momento appena accennato, potrebbe diventare ancor più attraente.
Solesta 2015 – La Costa
Da un’annata calda e ricca, un vino più immediato che già riesce ad esprimersi in vesti più complesse del precedente. I toni idrocarburici si combinano con sensazioni di gesso, selce, agrumi maturi ed erbe aromatiche, con dolci note vanigliate a racchiudere il tutto. In bocca si sviluppa pieno e con buona articolazione, animato da una forza salina che allunga la persistenza e torna in un finale elegante e ben risolto.
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