domenica 29 dicembre 2013

BÜRKLIN+WOLF

A volte ritornano, si dice.
Non fa eccezione Nicola Libelli, giovanissimo kellermeister piacentino di Dr. Bürklin-Wolf, a Wachenheim, che dopo averci raccontato il Pfalz lo scorso luglio, poco dopo Natale ci ha fatto fare un piccolo viaggio virtuale tra i Cru della “sua” azienda presso l'accogliente e abituale seconda casa del Giardino, la Taverna del Gusto, eno-tavola di Piacenza guidata da Andrea Libè.
 
 
Dr. Bürklin-Wolf, dunque. 83 ettari di vigneti sparsi tra quattro Comuni: Wachenheim, Forst, Deidesheim e Ruppertsberg, coltivati per l'80% a riesling, da cui si ottengono circa mezzo milione di bottiglie all'anno.
La famiglia Bürklin è attiva in campo vitivinicolo dal 1597, ma il nome e la forma attuale dell'azienda provengono dall'unione in matrimonio di una Wolf con un Bürklin nel 1875.
All'inizio degli anni '90 del secolo scorso, Bettina Bürklin, figlia di Albert Bürklin, prende in gestione l'impresa insieme al marito Christian Von Guradze col quale, tra le varie cose, converte l'azienda all'Agricoltura Biodinamica (certificazione ottenuta nel 2005).
Altra importante innovazione è quella di aver adottato dal 1994 una classificazione interna dei vigneti di ispirazione borgognona e basata sulla classificazione del Regno di Baviera del 1828, con le vigne che vengono sostanzialmente classificate come Grand Cru (G.C. in etichetta) e Premier Cru (P.C.). I “G.C.” riportano in etichetta solo il nome del Cru (es. Kirchenstück), i “P.C.” anche quello del Comune (es. Wachenheimer Böhlig).
 
 
Questo significa che è sparita da tempo l'indicazione del predicato (es. spatlese) in etichetta, ritenuta indicazione non così importante, obsoleta e a volte quasi fuorviante, non sufficientemente indicativa della qualità del vino, tendenza, questa, che si sta generalizzando in Germania.
Quindi, ragazzi, forse tra poco sarà ora di riscrivere i libri alla voce: “le etichette dei vini tedeschi” e a re-imparare a leggere le etichette in questione. Un evento epocale anche per chi era riuscito, dopo anni di studi e frustrazioni, a prendere confidenza con la (apparentemente misteriosa) classificazione dei vini tedeschi e tra qualche anno dovrà forse cancellare tutto e re-imparare da zero.
 
I VINI
Tutti i vini degustati sono più o meno equivalenti della categoria spatlese trocken, nella quale l'azienda eccelle da tempo, con percentuali alcoliche tra 12,5 e 13.
Attualmente vinificazioni in botti grandi, o acciaio, con lieviti indigeni a temperatura controllata.
Viaggio tra alcuni dei principali Cru aziendali (un P.C. e tre G.C.) di diversi Comuni e annate sparse dal 1999 al 2012, senza veri e propri fili conduttori.
Ecco i vini, nell'ordine in cui sono stati assaggiati:
 
Wachenheimer Böhlig 2012
Da un “premier cru” di suoli calcarei, gestito in toto per la prima volta da Nicola Libelli (il 2012 è stata la sua prima vendemmia da kellermeister in sostituzione di Fritz Knorr).
Uva raccolta il 26 ottobre e mosto fermentato con lieviti spontanei in botti di legno quarantenni da 2400 litri di capacità.
Naturalmente ancora giovane e chiuso, o meglio, contratto, comunque caratterialmente preciso, secco e deciso. Note agrumate al naso, acidità sapida ravvivata da una lieve carbonica che accentua la sensazione di vino scalpitante e regala un'idea di leggerezza semplice ed implacabile, potente, lunga e salata.

 
Kalkofen 1999
Il Cru “forno da calce” di Deidesheim si trova in un microclima caldo, come il nome lascia intendere, e nella versione '99 si esprime su un registro ricco e grasso, con frutto (esotico) pieno e un residuo zuccherino più in vista rispetto agli altri vini.
Tratti opulenti, quindi, ma viva freschezza al palato, che fa da contrappeso alla rotondità olfattiva e al volume avvolgente dell'attacco di bocca, con mineralità che emerge con l'ossigenazione insieme a sensazioni balsamiche mature, di erbe aromatiche.
 
 
Reiterpfad 2002
Ultima annata prodotta al momento per questo Cru di Ruppertsberg (vigna espiantata, ripiantata nel frattempo ma ancora troppo giovane per produrre vini) che significa più o meno “il sentiero del cavaliere” e che gode di un microclima caldo, in grado di esaltare caratteri di potenza e apertura olfattiva. Sugli oltre 80 ettari complessivi del Cru, l'azienda vanta ora una proprietà di 0,80 ettari.
Raccolta ai primi di ottobre, pressatura a bassa pressione, fermentazione nella tradizionali botti di legno aziendali e imbottigliamento nel mese di giugno 2003.
Naso di crosta di pane, leggermente ossidativo, speziato. Palato ricco ben bilanciato dall'acidità, in una bella combinazione tra frutto polposo/speziato, rotondità e austerità.
 
 

Kirchenstück 2007
Tra i Grand Cru a disposizione dell'azienda, il Kirchenstück di Forst è considerato il Montrachet del Pfalz, 3,6 ettari che nella classificazione del 1828 avevano il massimo punteggio e che storicamente sono tra quelli con il massimo valore fondiario in Germania insieme al mitico Doctor di Bernkastel.
Nell'immagine qui sotto i confini della vigna sono delimitati dalla linea rossa.
 
 
Qui Bürklin-Wolf ha una parcella di circa mezzo ettaro (il perimetro nero nella mappa sovrastante), su suoli di arenaria, basalto e quarzo, da cui produce solo 2.000 bottiglie ogni anno.
Il vino più complesso e completo tra i quattro, godibilissimo già ora, ma che dà l'impressione di dovere ancora trovare pieno respiro ed articolazione.
 
 
Frutto dolce e roccia, toni leggermente balsamici e piccanti (zenzero), poi agrumi; palato diritto e ricco, molto succoso e dinamico. Carattere fine ed elegante, ma pieno e potente, talmente ricco, ampio e sfaccettato da riuscire a comunicare già ora con souplesse, pur in una fase di estrema gioventù, parte della sua multidimensionalità.
 
Vittorio Barbieri
 

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