lunedì 2 dicembre 2013

PFALZ(!) MINORE(?)

Torniamo in Germania, ripassando per il Pfalz attraverso un vino dell'azienda Werlé Erben, storica realtà di Forst, con vigne a Forst, Deidesheim, Wachenheim e Ruppertsberg.
Otto generazioni familiari all'opera, condotte attualmente dal proprietario Hardy Werlè.
Werlé vanta Cru di primo piano in zona, ma oggi vogliamo concentrarci su un angolo meno noto del Mittel Haardt, Mäushöle, un Cru minore di Deidesheim, certamente non il più celebrato a disposizione dell'azienda che nello stesso Comune ha vigne nel Grainhübel e a Forst vanta parcelle nel Jesuitengarten, nel Kirchenstück e nel Pechstein.
Suoli di argille sabbiose ricche di ferro e arenarie, si estende per poco più di 30 ettari a 130-180 metri slm, al riparo da freddo e piogge grazie alla presenza dei vicini monti Haardt (i Vosgi), anche se una parte della vigna ha una poco felice esposizione a nord est.
Sembra che Mäushöle sia il più antico toponimo viticolo di Deidesheim (se ne parlava già all'inizio del XIII secolo) e pare che il nome non centri coi topi ma con il cognome di un vecchio proprietario.
Werlé Erben tramanda la tradizione delle vinificazioni in legno, botti da 1.200 litri, con lieviti indigeni svolgendo i successivi affinamenti in legno grande e acciaio.
Lo sgorbio rosso qui sopra che sembra un sottomarino delimita i confini del vigneto, ma dimostra anche: 1 l'incapacità grafica di chi gestisce questo blog 2 la vicinanza del cru ai Vosgi (o monti Haardt, si intravedono sulla sinistra) 3 l'esposizione “mattutina” della vigna (in parte esposta a sud est, in parte a nord est).
 
IL VINO
Deideshemeir Mäushöle spatlese 2004 (10,5% alcol)
Naso nitido e aperto, generoso, floreale e centrato su un timbro accattivante dolcemente evoluto, tra frutti gialli e agrumi maturi e in confettura; poi emergono le note idrocarburiche, lievi toni di zafferano. Nei minuti seguenti l'olfatto è dominato dal binomio idrocarburo/agrumi, forse senza grande complessità, ma in modo netto, continuo e lineare.
 
 
Palato dolce-sapido, che vive del contrasto tra residuo zuccherino e sapidità (più che acidità). Sviluppo sottile che, raggiunto l'apice, finisce presto, quasi prematuramente, con una chiusura improvvisa. Manca l'allungo finale ma ci accontentiamo, fino a lì dà soddisfazioni. E la bottiglia finisce presto.
 
Vittorio Barbieri

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