martedì 27 gennaio 2015

ERA ORA

In queste pagine spesso dedicate alla Germania, ogni tanto fa capolino il Piemonte dell'Alta Langa come qui e qui. Ancora numericamente scarse le etichette langarole a base riesling renano, ma mediamente di ottima qualità, a partire dagli storici esempi di Vajra e Ceretto prodotti rispettivamente dal 1985 e dal 1996.
Tra i più recenti, oltre all'ormai proverbiale Germano, segnaliamo quelli di Almondo (nel Roero) e di Bric Cenciurio. E scusate se dimentico qualcuno.
Da quel che so l'ultima etichetta in ordine di tempo ad apparire sul mercato è stata quella di Borgogno. Sì, proprio "quel" Borgogno, una delle aziende simbolo di Barolo.


Succede che un giorno vai da Borgogno per assaggiare Barolo (non si vive di solo Riesling) e scopri un Riesling che occhieggia dai cartoni e naturalmente lo vuoi assaggiare. Andrea Farinetti, che dal 2010 dirige l'azienda con piglio molto sveglio, è ben felice di fare assaggiare la novità, proveniente da vigne di Albaretto della Torre, piccolo Comune collinare a una ventina di chilometri da Barolo.


L'assaggio in cantina non si limita al solo Riesling e prosegue con una Freisa gustosa e saporita e con Nebbiolo vari (buonissimo il Barolo Liste 2008), ma noi naturalmente ci concentriamo sul Riesling, il primo vino bianco prodotto in oltre 250 anni di storia aziendale. Appunto, era ora.


Langhe "Era Ora" 2012 - Borgogno
Naso nitido e preciso, frutta bianca ed erbe aromatiche; palato sottile e slanciato, fresco-sapido, diritto, più snello che largo. Pochi muscoli, agilità quasi sottile, tanta bevibilità con dinamica gustativa apparentemente semplice, che non stupisce nell'immediato ma è potenzialmente capace di uscire alla distanza, lo scopriremo tra due-tre anni, con un fisico da (mezzo)fondista.
Insomma, una di quelle bottiglie che finiscono in pochi minuti. Un buon esordio.

Vittorio Barbieri

domenica 18 gennaio 2015

WERLÉ ERBEN PARTE II

Non nuova nel rieslinGarten, l'azienda di Hardy Werlè (ottava generazione familiare impegnata nell'attività vitivinicola) ha sede a Forst, nel Pfalz, in un castello al centro del paese.


Fermentazioni in legno (stuck da 1.200 litri) con lieviti indigeni e lunghi affinamenti sulle fecce in cantina.
Per Werlé Erben, Grainhübel significa una piccolissima parcella (e poche centinaia di bottiglie) di una vigna a piede franco piantata alla fine degli anni '60 del secolo scorso. Il termine grainhübel deriva dall'unione di due parole in tedesco antico che significano "sabbia/ciotoli" e "collina" e che in fondo rappresentano la carta di identità del vigneto, posto negli immediati confini nord orientali di Deidesheim con esposizione a sud ed estensione di circa cinque ettari.


Deideshemeir Grainhübel spatlese 2004 (10,5% alcol)
Al naso frutti gialli (albicocca, ananas) in confettura e lievi note di zafferano, unione gradevole di frutto e spezie dolci; sensazione "dolce" anche al palato, che è morbido, reattivo ma non troppo e lì per lì quasi placido, rassicurante, però ravvivato alla fine da una scia sapida (più che acida) appagante. Piacevole.


Vittorio Barbieri

martedì 6 gennaio 2015

VON KESSELSTATT

650 anni di storia (l'attività è documentata dal 1349), dal 1978 di proprietà della famiglia Reh, Reichsgraf Von Kesselstatt oggi è nelle mani di Annegret Reh Gartner, la proprietaria, e dal 2005 di Wolfgang Mertes per la parte tecnica.
 
 
Fino al 1999 la sede aziendale era presso Palazzo Kesselstatt di Trier, dall'anno successivo è stata spostata a Schloss Marienlay, nella Ruwer.
Del resto in una così lunga storia movimenti, acquisizioni e cessioni non sono mancate ed ora l'azienda ha a disposizione parcelle nelle migliori vigne di Mosella, Saar e Ruwer per 36 ettari totali, 12 in ciascuna vallata. Gli ettari vitati sono stati 55 fino al 1999, quando 19 sono stati affittati o venduti. La proprietà è coltivata a riesling per il 98% con una produzione di 200-220.000 bottiglie medie annue.
A Graach l'azienda possiede il Josephöfer in monopolio e nella vicina Bernkastel, Von Kesselstatt è uno tra i cinque fortunati proprietari di parcelle vitate nei poco più di 3,26 ettari del mitico Doktor. E che parcella: 600 preziosissimi metri quadrati!
 
I filari di proprietà nel Doktor, dal sito Internet aziendale
 
Oltre ad appezzamenti nelle migliori vigne di Brauneberg, Piesport, Wehlen, Wiltingen, Ocken e Kasel, l'azienda è tra gli otto proprietari dello Scharzhofberg, nella Saar, con ben 6,6 ettari (sui 28 totali). Solo Egon Müller, con 8,4 ettari, ne possiede di più.
 
Parte della proprietà nello Scharzhofberg, dal sito Internet aziendale
 
In cantina fermentazioni con lieviti indigeni prevalentemente in acciaio (le botti di legno vengono usate solo per i Grosses Gewächs).
In una gamma molto ampia, abbiamo pescato nel mucchio tre spatlese di tre vigne e tre annate diverse.
 
Graacher Domprobst spatlese 2001
L'annata del "golden october", dove un ottobre caldissimo e poco piovoso (ma con notti fresche) ha riscattato un'estate piovosa che non faceva presagire meraviglie.

Nel Graacher Domprobst
 
Note terziarie eleganti al naso: susina in confettura, timo secco, poi rabarbaro e scie di zenzero. Palato di semplice e grande bevibilità, fresco, di sviluppo regolare. Sarà anche un po' semplice, ma per certi versi è il suo bello: la bottiglia finisce in un amen.

Bernkasteler Doctor spatlese 2008
Il vino attacca all'olfatto con fare generoso ed esotico, estroverso e ampio; note di pesca, mango, lieve accenno mentolato. La bocca ha buon peso, morbidezza, tratti dolci e larghi, ma è comunque salda. L'acidità, smorzata da una ricchezza gustativa avvolgente, tiene bene nel finale.
 
Scharzhofberger spatlese 2010
Annata di rese molto basse (33 hl/ettaro in tutte le vigne di proprietà, solo 17 hl/ettaro nei Lage più importanti).
Naso elegante con sensazioni di uva spina, pesca ed erbe, miele, poi leggero tono petrolioso.
Attacco rotondo e morbido, glicerinoso, residuo zuccherino presente ma ben contrastato dalle piacevoli note di buccia di limone in un finale che rinfresca e pulisce il palato.

 
 
Vittorio Barbieri