mercoledì 23 dicembre 2020

KANZLERBERG

Prima volta su queste pagine per Sylvie Spielmann, vignaiola alsaziana molto stimata nell’ambito dei vini “naturali”, ormai alla guida dell’azienda dal 1988. Sede a Bergheim, in una ex cava di gesso della sua famiglia, con otto ettari vitati a disposizione compresa una porzione del Kanzlerberg, che con soli 3.23 ettari è il più piccolo Grand Cru alsaziano. Suoli argilloso-marnosi (marne grigie e nere) con presenza di gesso e di affioramenti calcarei siliceii con inclusioni di barite bianca e fluorite viola (vedi foto etichetta).

Il Kanzlerberg. Credit: www.vinsalsace.com




Alsace Grand Cru Kanzlerberg Riesling 2014 – Sylvie Spielmann 
Da viti di 35-65 anni. 
Toni “dolci” (miele, pasta di mandorle), fumè, pera, idrocarburi. Naso di buona complessità che si mantiene vivo ed evolve con sicurezza anche qualche giorno dopo la stappatura. Lato morbido amplificato dall’attacco di bocca ampio e rotondo, con toni di agrumi canditi, ravvivato comunque da una vivace energia fruttata, sapida e compatta.

martedì 1 dicembre 2020

KIENTZLER

Oggi si torna in Alsazia, più precisamente a Ribeauvillé, dove da cinque generazioni la famiglia Kientzler conduce una realtà vitivinicola estesa su quasi 14 ettari, di cui 4.24 coltivati a Riesling e 4.4 classificati Grand Cru, attorno ai villaggi di Ribeauvillé (soprattutto), Bergheim, Hunawihr e Riquewihr.
Mentre Eric segue la parte commerciale, suo fratello Thierry dirige la parte tecnica avendo a disposizione il 90% dei vigneti in posizione collinare, l’85% con un’età superiore ai 35 anni e il 10% superiore agli 80 anni. 

Da www.vinskientzler.com

Il Geisberg (esteso in tutto per soli 8.5 ettari, 1.5 dei quali di proprietà della famiglia Kientzler, che qui vanta un'alta percentuale di vigne cinquantenni) è uno dei Grand Cru alsaziani più importanti per il Riesling e non a caso è piantato quasi esclusivamente con il vitigno renano. Caratterizzato da suoli marno-calcarei ricchi di arenaria, è posizionato su una collina ripida esposta a sud.



Geisberg Grand Cru 2014 – Kientzler 
Vino dal frutto agrumato nitido, specchio efficace dell'annata e del Grand Cru di provenienza, completato da scie idrocarburiche e di pietra focaia. 
L’acidità si è integrata rispetto al primo assaggio di tre anni fa, ma il carattere verticale (quasi citrino) è sempre presente e supporta una struttura piena e compatta, energica e senza fronzoli, chiusa da un finale preciso e sicuro.

mercoledì 25 novembre 2020

PRALÄT + DR. LOOSEN

Il Prälat e Dr. Loosen sono due vecchie conoscenze di questo blog, soprattutto il “Grand Cru” di Erden, di cui avevo parlato per la prima volta in uno dei post più vecchi (vedi qui). 
Ernst Loosen (per un approfondimento su Dr. Loosen vi rimando qui), la cui azienda ha sede poco fuori dall’abitato di Bernkastel nel cuore della Mittel Mosel, è forse il principale ambasciatore nel mondo del Riesling della Mosella. 

Nel perimetro giallo: Erdener Prälat

Una realtà aziendale sfaccettata e con tante anime, basata su un parco vigneti importante, per qualità oltre che per quantità, e una perfetta conoscenza della materia di partenza. 
Dall'Erdener Prälat tira fuori numerose etichette tra cui alcune ambiziose versioni di vini trocken usciti negli ultimi anni, più un grande classico da vendemmia tardiva (una Auslese) con residuo zuccherino, come quello di cui vi parlo oggi. 




Erdener Prälat Auslese 2010 (AP nr. 50 11) – Dr. Loosen 
Naso elegante e intenso: fiori gialli, pesca, erbe aromatiche e tanti, tanti agrumi con un tocco di pasta di mandorla e solo un lievissimo cenno di idrocarburi.
Super succoso e agile, ampio ma vivace, ha un attacco dolce e cremoso ravvivato da una leggerissima carbonica e soprattutto da un tono generale dolce-non dolce, dolce-aspro, con strati di scorze d’agrumi e di zafferano che danno profondità al finale molto nitido e quasi piccante.
Entrato in una finestra espressiva ideale, potrà dare soddisfazioni ancora per molti anni.

venerdì 6 novembre 2020

KRETTNACHER ALTENBERG

Tra le aziende più presenti su queste pagine negli ultimi tre anni, Hofgut Falkenstein (vi rimando qui per un approfondimento) continua il suo percorso ai vertici della Saar e della Mosella tutta, grazie alla gestione sapiente del prezioso patrimonio vitato di vecchie vigne e ad una mano felice, e poco interventista, in cantina, capace di rendere al meglio (soprattutto nei vini con residuo zuccherino, ma anche nei trocken) la sfavillante energia dei Riesling di quest’area.

Mappa del Krettnacher Altenberg, da www.weinlage.info

Krettnacher Altenberg Spätlese Trocken 2017 – Hofgut Falkenstein 
Da grappoli raccolti nella sezione “Enkers” del Krettnacher Altenberg (esposizione sud-sud est con suoli di ardesia grigia e Diabas, una roccia basaltica verde), piantata con viti di 50 anni, il 6 ottobre a 89 gradi Oechsle corrispondenti all'11,5% abbondante di alcol complessivo.
4 g/l di zucchero residuo nel vino imbottigliato. 


Naso intenso: agrumi, pesca bianca, erbe aromatiche, qualche scia tropicale e uno sfondo roccioso, anzi, di sassi di fiume. La sensazione di viva e pimpante freschezza prosegue al palato, verticale, vivido ma succoso e tutto sommato già ben bilanciato.
Molto sapido, sta pian piano iniziando ad aprirsi. Un anno o due di bottiglia saranno necessari per farlo entrare nella finestra ideale di assaggio, che probabilmente avrà una lunga durata (almeno dieci anni).

martedì 27 ottobre 2020

PECHSTEIN

Bassermann-Jordan è un nome ricorrente su queste pagine (potete leggere qui un approfondimento sull’azienda), nonché una delle aziende di peso del Pfalz. Con sede a Deidesheim, l’azienda ha a disposizione un parco vigneti di prim’ordine gestito secondo la filosofia Biodinamica, che comprende anche 0.75 ettari nel Pechstein, “Grand Cru” di Forst con vene di basalto nero-verdi che si estende per complessivi 15.3 ettari. 



Veduta del Pechstein, da www.bassermann-jordan.de

Pechstein 2015 G.G. – Bassermann-Jordan 
La vendemmia è frutto di quattro diversi passaggi effettuati a inizio ottobre. Fermentazione con lieviti spontanei per metà in acciaio e per metà in botti grandi. 
Ricchezza aromatica che dalla pesca e gli agrumi si sposta verso toni di pietra focaia e di mandorla, con lieve sfondo idrocarburico e balsamico. Naso generoso e multi sfaccettato. 
La struttura è piena, con tanto vigore sapido più che acido. Quindi un Riesling per chi ama la potenza, più che la finezza, ma una bottiglia che comunque non eccede nell’opulenza e incede ben salda e compatta grazie al cuore minerale che la percorre.

lunedì 5 ottobre 2020

IN VERTICALE

Finalmente tornano le verticali nel RieslinGarten. Protagonista Willi Schaefer con il suo Graacher Domprobst Kabinett degustato in sette annate (comprese tra la 2017 e la 2007) nella bellissima Villa Barattieri di Albarola (Vigolzone, Pc). L’azienda ormai gestita da Cristoph Schaefer, figlio di Willi, ha già trovato spazio diverse volte su queste pagine (come qui) e giustamente gode ormai della fama di fuoriclasse imprescindibile per capire ciò che la Mittel Mosel può offrire: il concetto di intensità senza peso espresso in forma liquida. La combinazione di aerea leggerezza ed energia propulsiva che trovano la quadratura del cerchio.



GRAACHER DOMPROBST KABINETT - Willi Schaefer

2017 
Partenza col botto, con un grande Kabinett di altissimo livello, molto giovane, contratto e parzialmente chiuso al naso, ma veramente di alto lignaggio. Sotto toni di lieve chiusura sulfurea emerge un lato agrumato di lime e mandarino, più toni di pesca gialla. Intenso e scalpitante al palato, quasi potente a dispetto della sua bassa % alcolica e della sua leggerezza, regala un’articolazione dinamica e ricca di sprint. 
Finale molto lungo con colpo di coda energico e affilato, preciso e rinfrescante. Gran vino. Elettrizzante. 

2016 
Più aperto e quieto del precedente. Il naso esibisce già lievi cenni idrocarburici, ma si apre comunque a un profilo abbastanza complesso tra pera, pompelmo e spezie. Sviluppo gustativo ben bilanciato con un lato delicatamente morbido e composto che però, a confronto con il vino che lo precede, appare quasi rilassato.
Rassicurante. 



2015 
Si risale di tono grazie a una versione che combina la leggerezza del Kabinett con l’intensità e la complessità di una Spätlese. Apertura su scie floreali, di pesca bianca ed erbe aromatiche (anice, melissa), agrumi, cera d’api e zafferano. L’attacco gustativo è quasi grasso, ma trova subito una grande succosità e una freschezza notevole. Finale molto lungo.
Completo. 

2014 
Il lato idrocarburico è ben integrato con i toni di fiori bianchi, pompelmo e mandorla, più un tocco di croccante alle nocciole che emerge con l’ossigenazione. Bocca relativamente semplice, ariosa e vivida, anche se più corta dei vini precedenti.
Gustoso. 



2013 
Altro anno dispari, altra annata pimpante e luminosa. Pesca gialla, ribes ed erbe aromatiche a dominare il quadro aromatico con un lieve fondo di zafferano. Il palato ha una buona presenza al palato, subito rinfrescata da toni agrumati. Finale lungo, reattivo e scattante che fa danzare il vino sulla lingua. Elegante. 

2009 
Si salta qualche vendemmia e si scavalla il confine dei dieci anni. Altra grande bottiglia. L’approccio al naso è subito minerale e si divide tra sensazioni di polvere da sparo, gesso e pietra focaia, più tocchi di idrocarburi, pesca bianca, erbe secche e spezie. Dinamico e scattante con un tocco di crema pasticcera che contrasta la viva acidità. Finale fresco molto succoso, speziato e preciso.
Complesso. 



2007 
Con la bottiglia più datata si va indietro di tredici anni. Il naso, elegante e stratificato, si apre su toni di pera, limone, pesca gialla, cumino e canfora, con contorno balsamico e lievemente fumè. 
Il palato incede con bella vitalità gustativa, ma con andamento apparentemente compassato, per lo meno più morbido rispetto al 2009, animato da scie sapide vivaci e forse senza lo sprint del campione. Prossimo all’apice della sua parabola espressiva.
Composto.

lunedì 7 settembre 2020

MERKELBACH BROS.

I fratelli Alfred e Rolf Merkelbach non sono nuovi su queste pagine (qui l'ultima volta in cui ne avevo parlato) e nel corso di quasi settanta vendemmie (70!) hanno rappresentanto - e rappresentano - il più tradizionale classicismo dei Riesling della Mittel Mosel, un ottimo punto di partenza per avvicinarsi ai vini della zona. 
Il bello è che non cessano di regalare perle provenienti dalla loro tana in quel di Ürzig e in particolare dal mitico “cru” Ürziger Würzarten, del quale posseggono alcune preziose parcelle situate subito dietro le abitazioni, nella parte medio-bassa del vigneto. 


La vendemmia 2015 ha rappresentato una svolta dopo le difficoltà avute nella complicata annata 2014, che ha convinto i due fratelli (all’epoca quasi ottantenni) a ridurre la superficie vitata da due a un solo ettaro, per poter continuare a gestire in prima persona le operazioni in vigna e in cantina. 
Dal punto di vista qualitativo l’annata 2015 ha dato una eccellente batteria di vini, dieci in tutto da altrettanti fuder, ricchi di maturità zuccherina ma anche di acidità. Una tra le migliori vendemmie per i Merkelbach, forse la migliore, nell’arco del decennio. 
Tra le tre Spätlese prodotte nell’ Ürziger Würzarten ho assaggiato quella contrassegnata dall’AP 07, una grande espressione di Riesling della Mosella. 


Ürziger Würzarten Spätlese 2015 (AP 07) – Alfred Merkelbach 
Apertura olfattiva d’impatto: frutto agrumato, spezie (zenzero) e note tropicali in un naso che gode già di buona espressività anche se ancora in via di formazione. 
La bocca attacca ricca (anche sul fronte zuccherino, oltre 60 gr/l) ma vibrante e si sviluppa ariosa, dinamica e molto fresca. La bellezza gustativa di questa bottiglia da 7.5% di alcol sta nel suo essere golosa e allegra, ma anche complessa. Un vino dal passo leggero e al tempo stesso intenso. 
Una Spätlese importante, che pur non perdendo il carattere del proprio prädikat mostra sfumature di categoria superiore.

martedì 1 settembre 2020

JOHANNISBERG

Schloss Johannisberg incarna la storia del Riesling come meglio non si potrebbe fare. 
Un solo dato storico basti per tutti: 300 anni fa è stata la prima azienda in assoluto a coltivare esclusivamente riesling nelle proprie vigne. Nessuno lo aveva mai fatto prima. 
In contemporanea il Principe di Fulda obbligò i proprietari viticoli del Rheingau a piantare riesling. Solo da quel momento iniziò la vera e propria valorizzazione del vitigno, già coltivato da tempo, in Germania. 
Schloss Johannisberg conta su 50 ettari vitati esposti a sud su una collina di argilla rossa e quarzite, in comune di Geisenheim, tra 120 e 180 metri slm sul 50° parallelo. Una collina isolata circondata da vigneti che guardano il Reno e alle proprie spalle trovano protezione dai venti freddi grazie al massiccio del Taunus. 


Per distinguere le numerose tipologie prodotte l’azienda utilizza il colore della capsula. La tipologia Rotlack (che si riferisce a una striscia di colore rosso – rot – sulla capsula) ad esempio indica vini del predikat “kabinett”. 
Per il Rotlack Kabinett trocken la fermentazione viene svolta con lieviti indigeni parte in acciaio e parte in botti grandi provenienti dalle foreste di proprietà. 


Schloss Johannisberger Rotlack Kabinett trocken 2015 - Schloss Johannisberg
Naso di impatto deciso in cui spiccano subito gli agrumi con toni di lime ma anche di erba limoncella. Intorno tocchi più austeri di selce e qualche scia tropicale. Un bel mix, abbastanza complesso per la tipologia, tra immediatezza e profondità. 
Il palato attacca con un pizzico di morbidezza appena accennata, ma poi fila via vispo, sottile e compatto. Finale che chiude con rinnovata freschezza agrumata. 
Un ottimo Kabinett.

lunedì 13 luglio 2020

WINDBICHEL

Finalmente prima degustazione condivisa in presenza dopo i mesi di chiusura. Alla Tosa di Vigolzone (sui colli piacentini) è andato in scena il Windbichel di Unterortl-Castel Juval con una quasi-verticale di sei annate. Una rara occasione per mettere alla prova del tempo (che, lo dico, subito, è stata ampiamenti vinta) uno dei migliori Riesling Renano prodotti in Italia.
L’azienda è nota, oltre che per essere tra i punti di riferimento del Riesling nazionale, anche per essere di proprietà dell’alpinista Reinhold Messner che, insieme a Gisela e Martin Aurich (gestori dell’azienda), l’ha fondata nel 1992 ai piedi del Colle Juval in comune di Castelbello/Ciardes, Val Venosta. 
Tra i primi a valorizzare il Riesling nella valle e in Alto Adige, Juval oggi conta su quattro ettari complessivi per 30.000 bottiglie totali annue. 


Tra le varie etichette di Riesling prodotte, Windbichel è quella di punta e proviene da un cru di circa mezz’ettaro piantato nel 1996 ed esposto a sud a 700-750 metri slm. 
Il suolo roccioso ricco di gneiss, la pendenza del versante e la presenza del caldo vento Fohn fanno sì che le uve maturino in un microclima particolare con forti correnti d’aria e sbalzi termici tra giorno e notte. 
Vengono vendemmiati a piena maturazione (a volte in lieve surmaturazione) i primi grappoli di ogni tralcio, la fermentazione avviene in acciaio inox con controllo della temperatura, mentre l’affinamento sui lieviti si protrae fino all’imbottigliamento. Segue circa un anno in bottiglia prima della commercializzazione. 
La produzione media annua è di circa 2.500 bottiglie. 
Alla Tosa i vini sono stati scanditi da tre mini-batterie da due. Tutte le bottiglie erano tappate con chiusura a vite tranne il magnum del 2016 (sughero). 



I VINI

2017 
Approccio olfattivo fresco di mela verde quasi balsamica, frutto agrumato (mandarino) e fiori bianchi. Palato giovane: nervoso, contratto e verticale. Finale salato. Deve trovare distensione, ma c’è profondità. Di bell’avvenire.

2016 (magnum) 
Più apertura e distensione, sia al naso che in bocca. Frutto più maturo e acidità molto fine che percorre il vino dall’inizio alla fine. Gli elementi sono meglio integrati rispetto al 2017, c’è più armonia. Naso con sbuffi di miele e idrocarburi ravvivato da tratti rocciosi di selce. Bocca appagante. 

2015 
Bella maturità di frutto, toni più materici e un po’ meno eleganti rispetto ai due precedenti. Attacco morbido, volume e sale, con un approccio olfattivo che ondeggia tra frutta gialla, note di erbe aromatiche leggermente balsamiche, mandorla e idrocarburi. Il finale mantiene vivacità, ma paga leggermente in termini di slancio. 


2013 
Impatto olfattivo giocato sulla finezza e la complessità. A note minerali di roccia bagnata seguono toni di lime e mandarino, con scie di caramello e idrocarburi. La bocca entra sottile, elegante, ha slancio e lunghezza, con una vena acido-sapida inesorabile che dà sprint al bel finale. 

2010 
Naso fine ma intenso con richiami di zafferano, spezie dolci, frutti canditi e idrocarburi. 
La bocca parte cremosa e avvolgente, quasi grassa, ma trova pimpante freschezza agrumata nell’articolazione e un finale stratificato e molto sapido.

2009 
Idrocarburo e soprattutto roccia spaccata, ma anche lime candito, lieve fumè, menta. 
Palato nervoso, dinamico e profondo con ritorni di erbe aromatiche. Finale importante: fine, appagante, arricchito da una pregevole scia salata.

martedì 30 giugno 2020

1993

Zilliken è tra i produttori più iconici della Saar, uno dei migliori indirizzi per capire una zona unica capace di regalare alcuni tra i vini più filigranati ed eleganti del mondo. 
Dopo la gestione del mitico Hanno Zilliken, da anni la figlia Dorothee sta prendendo in mano le redini dell’azienda, che spesso ha trovato spazio su questo blog (come qui, dopo una bellissima visita in loco). 


L’occasione per tornare (virtualmente) a Saarburg è l’assaggio di una grande spätlese d’asta, dove troviamo la Saar al suo meglio. Una bottiglia di finezza estrema in cui i miracolosi equilibrismi gustativi dei vecchi Riesling si mostrano in tutta la loro lampante forza. 


Saarburger Rausch spätlese 1993 (AP 7 94, vino d’asta) – Forstmeister Geltz Zilliken 
Battuto all’asta di Trier del 1994, si presenta con un bel colore dorato che anticipa un naso - appena sfiorato dalla botrytis – disegnato in primis su note di cedro, confettura di albicocche ed eucalipto/aghi di pino, per aprirsi subito dopo a scie di tè, melone e spezie. Sullo sfondo lievi toni fumé e di zucchero caramellato. 
La bocca attacca setosa con dolcezza perfettamente integrata, poi si sviluppa attraverso un magistrale contrasto dolce-non dolce che la eleva sul fronte della leggiadria. Palato complesso e beverino al tempo stesso che chiude con un finale vispo e lungo. 
Colto ora nel suo apice espressivo, probabilmente potrà esprimersi ai massimi livelli ancora per tre-quattro anni almeno.

domenica 7 giugno 2020

1986

Quello di Schmitt-Wagner è un nome ricorrente su questo blog (qui la prima volta in cui ne ho parlato, per chi volesse informazioni maggiori sull’azienda) e grazie al fatto che - pur parlando di una realtà che ha cessato nel 2007 - le bottiglie per fortuna circolano ancora, ogni tanto è possibile farsi un viaggetto nel tempo stappando bottiglie vecchie di decenni. 


Non solo. Il nome “Schmitt-Wagner” è inscindibilmente legato a quello di una vigna mitica: la parcella di 6.000 metri quadrati all’interno del Maximiner Herrenberg di Longuich (ai confini sud ovest della Mosella Centrale) piantata a piede franco nel 1896. 
Bruno Schmitt, a lungo presidente della storica associazione Bernkasteler Ring, ha ceduto tutti i vigneti a Carl Loewen, produttore che dunque ha ora la fortuna e la responsabilità di gestire un vero tesoro viticolo e genetico (da cui tra l’altro ha iniziato anche a produrre un ambizioso vino trocken, cioè secco). 

Maximiner Herrenberg (all'interno del quale si trova la parcella di 6.000 mq) nel perimetro rosso e Herrenberg (nella parte alta della collina, più fresca) nel perimetro giallo

Longuicher Maximiner Herrenberg kabinett 1986 – Schmitt Wagner 
Il 1986 è stata una vendemmia complicata in Mosella, a causa soprattutto della pioggia caduta durante l’epoca di raccolta. In generale Prädikat bassi ed elevate acidità, freschezza, sì, anche buone longevità, ma vini spesso un po’ carenti di complessità e polpa. La vigna di Schmitt-Wagner aveva compiuto la veneranda età di novant’anni al momento di questa vendemmia. 


Il colore dorato anticipa un naso didattico di marmellata di arance e cedro, confettura di susina, rabarbaro, camomilla, pesca sciroppata e lievi idrocarburi.
In bocca il vino si rivela esile e semplice, diretto, con una struttura esemplare da kabinett classico in annata fresca pre-cambiamento climatico. Attacca con lieve dolcezza per svilupparsi lineare e un po’ stretto, con finale vivo, piacevolmente asciutto seppur di non grande profondità. Bottiglia di buona verve, beverina e gustosa.

venerdì 1 maggio 2020

HEILIGENSTEIN

Langenlois si trova a circa 70 km a nord-ovest di Vienna nella regione denominata Kamptal dal nome del fiume Kamp, un affluente del Danubio, che vi scorre attraverso. Qui ha sede la storica azienda Bründlmayer (producono vino da 250 anni), uno dei nomi di punta della vitivinicoltura non solo della zona, ma dell’Austria tutta, nota soprattutto per Riesling e Grüner Veltliner di livello assoluto. 
Dal 1980 alla guida delle operazioni si trova Willi Bründlmayer, figura di spicco dell’enologia austriaca, oggi coadiuvato dal figlio Vincent e dalla moglie Edwige nella gestione dei 75 ettari vitati (in Biologico dal 2015) che ogni anno fruttano circa 350.000 bottiglie.

Foto dal sito internet aziendale

Il Veltliner è il vitigno più presente in azienda con il 33%, mentre il riesling copre il 25% della superficie. Il resto è suddiviso tra pinot nero, zweigelt, st. laurent, chardonnay e pinot gris. 
In generale i Riesling e i Veltliner sono precisi e lineari, ben calibrati, senza effetti speciali e dallo sviluppo sicuro e sempre succoso. Traduzioni fedeli dei vari terroir di partenza. 
La zona vanta un clima unico. Di giorno il sole scalda i terrazzamenti di pietra (con lunghe e secche giornate soleggiate in autunno), mentre di notte correnti d’aria fresca scendono dalle colline generando importanti escursioni termiche tra giorno e notte. 
Tra le vigne di rango superiore a disposizione dei Bründlmayer lo Zobinger Heiligenstein, rinomata da secoli, è collocato a nord est di Langenlois sulla sponda opposta del fiume. Il Kamp curva proprio ai piedi della vigna cambiando orientamento da nord-sud a ovest-est.

Foto Herbert Lehmann dal sito internet aziendale

Qui si trovano i suoli più antichi della tenuta, con arenaria rosso-brunastra risalente a oltre 250 milioni di anni fa. I suoli contengono sabbie e pietre, inclusioni vulcaniche (riolite) e resti fossili di vegetazione preistorica. 
L’azienda possiede 12 ettari nel cuore del cru (un terzo della sua estensione totale) tra 230 e 350 metri slm, di cui 10.5 coltivati a riesling (il 20% è allevato a lira, il resto a Guyot).


Zöbinger Heiligenstein 2013 – Bründlmayer 
Dopo la pressatura a basse pressioni, il mosto per gravità si muove verso le vasche di acciaio inox a T controllata per la fermentazione e, sempre senza l’uso di pompe, si sposta verso il piano sottostante per l’affinamento, parte in acciaio e parte in botte grande. L’imbottigliamento avviene nell’estate successiva alla vendemmia. 
Il colore leggermente dorato introduce un naso idrocarburico che, dopo pochi attimi, si sposta verso un quadro potentemente agrumato (pompelmo, limone candito), di pesca gialla e spezie (zenzero) ravvivato da scie di erbe aromatiche. 
Il palato è un peso medio ben articolato, vivo, polpa e agilità sono molto ben armonizzate e le note di agrumi e pesca tornano prepotenti accompagnati da un’acidità matura, fine e inesorabile. 
Vino elegante entrato in una fase espressiva di bella apertura che promette bene per i prossimi anni.

giovedì 16 aprile 2020

VON BEULWITZ/2

Torno a parlarvi di Neu Erben (qui il primo post, dove trovate anche info sull’azienda), realtà di Mertesdorf nella Ruwer, ancora con un vino d’asta.
Dunque, la Ruwer. Tra i due affluenti della Mosella (l’altro si chiama Saar e origina l’omonima vallata) è il più corto con soli 46 km di lunghezza e quello racchiuso nella vallata più stretta e meno soleggiata. Territorio segnato da un clima rigido che in passato poteva complicare il raggiungimento della maturazione adeguata delle uve. Eppure i vini pur avendo un'acidità sferzante simile a quelli della Saar, rispetto a quest'ultima zona spesso mostrano un'espressività di frutto più rotonda e intensa. 

Photo credit:  www.von-beulwitz.de

Von Beulwitz lavora 7.5 ettari complessivi (90% riesling), per quasi 50.000 bottiglie prodotte in totale, compresi 2.5 ettari nel prestigioso Kaseler Nies’chen, “Grand Cru” esposto a sud-sud ovest su suoli di ardesia blu e marrone e pendenze che si spingono fino al 60%. Le vigne sono in parte centenarie. 
L’azienda fa parte della storica associazione Bernkasteler Ring, che ogni anno in settembre organizza un’asta con le selezioni più rare dei soci. Proprio dall’asta di settembre 2018 proviene questa etichetta prodotta in soli 300 esemplari.


Kaseler Nies'chen Kabinett Fass Nr. 11 (vino d'asta)  - Erben Von Beulwitz 
(NB: fass significa botte, fass Nr. 11 indica il numero di botte, che in questo caso è stata destinata a una selezione d’asta) 
Il naso è ampio e alterna la generosità della pesca bianca, degli agrumi maturi e dei frutti tropicali con la freschezza delle erbe aromatiche e della mela verde, spingendosi verso un tocco minerale gessoso, ma dà l’impressione di doversi ancora aprire del tutto. 
Il palato esibisce volumetrie da spätlese, più che da kabinett. Avvolgente con persino una punta di grassezza nell’attacco di bocca, incede sicuro con tonicità, in un piacevole contrasto continuo tra carattere dolce-cremoso da un lato e sapido-acido dall’altro. Il finale è teso e molto lungo, anche se i quasi 80 gr/l di zuccheri residui avranno bisogno di tempo per fondersi ancora meglio. 
Oggi è gradevole e seducente, ma tra almeno quattro-cinque anni inizierà a sviluppare le grandi potenzialità olfattive e gustative che ora si intravedono soltanto. Bottiglia più importante di quello che il prädikat lascia intendere.

giovedì 2 aprile 2020

DELLCHEN

Dönnhoff è l’azienda più nota della Nahe - su queste pagine ha trovato spazio tante volte, per esempio qui - quella che ha trasformato la regione (posta un centinaio di km a est dalla Mosella Centrale, tra i fiumi Mosella e Reno) da Cenerentola in una tra le zone più intriganti e apprezzate della Germania viticola. Il principale artefice di ciò è stato Helmut Dönnhoff che, seppur ancora presente in azienda, da anni ha ufficialmente ceduto la gestione al figlio Cornelius. 
Nome viticolo storico, quello della famiglia Dönnhoff (compare infatti già nel 1761), anche se è stato il nonno di Helmut, Hermann, a puntare sul riesling e a imbottigliare per primo i Cru aziendali negli anni ’20 del ‘900.


Helmut è stato alla guida tecnica dal 1971 al 2007, cedendo poi le redini al figlio, in azienda comunque dal 1999. Oggi la realtà viticola consta di una trentina scarsa di ettari (80% riesling) con vigne di 15-65 anni da cui si ottengono vini dolci e trocken di altissimo livello qualitativo. 
I Riesling trocken di punta, da anni nel gotha dei grandi bianchi europei, al pieno delle proprie possibilità esibiscono aromaticità intense e talvolta esplosive ma sempre di profonda complessità, animate da strutture potenti, ma armoniche ed eleganti, percorse da un’impeccabile tensione sapido-acida. 

Immagini del Dellchen, credit: www.vdp.de

Il vino di oggi proviene dal Dellchen (comune di Norheim), piccola vigna di soli 3.2 ettari affacciata sul fiume Nahe tra Norheim e Niederhausen, esposta a sud con tratti molto ripidi (fino al 70% di pendenza) parzialmente terrazzati con muretti a secco e incastonata tra spuntoni di roccia che contribuiscono a creare un microclima unico. Collocata tra 140 e 200 metri slm, poggia su una base di ardesia grigia con importante presenza vulcanica (porfido) ed è stata a lungo negletta per le sue pendenze estreme che ne rendevano troppo complicata la gestione. Il nome deriva da alcune cavità nella roccia, dette “dellchen” in dialetto.


Dellchen Riesling 2016 - Dönnhoff 
Frutto di una bella vendemmia in termini qualitativi, anche se di complicata gestione primaverile-estiva a causa della elevata pressione fito-sanitaria. Le ultimissime settimane prima della vendemmia sono state perfette grazie al clima autunnale diurno mite, ma con buone escursioni termiche notturne. 
Fermentazione parte in acciaio, parte in botti grandi. Affinamento in botti grandi.
Il naso parte con buona espressività agrumata (pompelmo e lime) e di frutta tropicale (ananas), oltre a toni di pesca, rosa, erbe aromatiche quasi balsamiche e pepe bianco, ma mostra anche un importante cuore minerale di pietra focaia che permea l'intero spettro olfattivo insieme a un lieve fondo idrocarburico.
In bocca si rivela profondo e vigoroso, molto saporito e fresco. Teso, strutturato e succoso, ha un finale lungo e rinfrescante che lo rende addirittura quasi beverino.
Setoso e vibrante al tempo stesso, il palato ha un'articolazione di elegante austerità.
Un vino già godibilissimo, ma che probabilmente avrà bisogno ancora di almeno un anno per entrare nella "finestra" espressiva ideale.


mercoledì 25 marzo 2020

GAISBÖHL 2011

Un altro piccolo capitolo dedicato a Dr. Bürklin-Wolf (qui uno dei vari racconti, relativo alla prima visita in cantina, a cui vi rimando per approfondimenti sull'azienda), realtà storica di riferimento del Pfalz, o Palatinato, territorio del meridione viticolo tedesco, nonché regione tra le più interessanti e dinamiche in Germania. 
Dr. Bürklin-Wolf, la cui data di nascita ci riporta addirittura alla fine del ‘500, ha sede a Wachenheim, ma gli 85 ettari vitati di proprietà - gestiti in Biodinamica da ormai quindici anni - sono sparsi in quattro comuni.
I vini, soprattutto nelle ultime vendemmie, sono stimolanti e mai banali; seguono un canone proprio che tende a lasciare esprimere in scioltezza il carattere di ogni annata, senza forzature ma sempre con grandissime attenzioni in vigna e in cantina. 


Il vigneto Gaisböhl, un monopole di Bürklin-Wolf, si estende in tutto per 8 ettari nel comune di Ruppertsberg, ma solo 5.2 ettari sono considerati alla stregua di un Grand Cru già dai tempi della classificazione del Regno di Baviera risalente al 1828. Gaisböhl si sviluppa ai piedi dei monti Haardt (la prosecuzione settentrionale dei Vosgi alsaziani) su suoli argillosi con presenza di ghiaia e arenaria, un mix che origina vini con strutture potenti (a volte più muscolosi che eleganti), acidità decise e ottimo potenziale di invecchiamento. 


Le uve dell’annata 2011, nel complesso calda, sono state raccolte manualmente il 29 e 30 settembre. Fermentazione a temperatura controllata con lieviti indigeni seguita da affinamento in botti grandi da 2.400 litri (chiamate doppelstuck). 
Ultima nota non da poco. Questa è stata l’ultima vendemmia dello storico kellermeister aziendale Fritz Knorr, scomparso poco prima della vendemmia 2012, che ha in seguito ceduto il posto al piacentino Nicola Libelli. 


Gaisböhl 2011 – Dr. Bürklin-Wolf 
Il naso mostra un buon livello di apertura evolutiva con toni di pompelmo maturo, ananas, confettura di pera, erbe aromatiche e idrocarburi, completati da scie minerali di sassi e gesso. 
Il palato – di viva impronta sapida – svela il carattere argilloso del Cru e la generosità dell’annata. Se il colore intenso, il naso e l’attacco di bocca esprimono concentrazione e grassezza, lo sviluppo è saldo e tonico e ravviva l’insieme, con un finale allungato dall’acidità elegante e precisa. 
Robusto, ampio e vigoroso, non sarà forse un campione di finezza, ma va dritto per la sua strada trovando bell’equilibrio tra acidità (matura) e zuccheri (contenuti in circa 6.5 gr/l).

domenica 15 marzo 2020

BERND PHILIPPI

Dietro l’apparentemente misterioso progetto denominato “Saumagen Riesling” si cela il mitico Bernd Philippi, colui che a lungo è stato proprietario del marchio Koehler-Ruprecht (sede a Kallstadt, nel Pfalz) e che, anche grazie alle doti del cru Saumagen, ha prodotto grandi auslese trocken con uno stile d’altri tempi. Qui un approfondimento


Una volta venduta l’azienda nel 2009 non è stato con le mani in mano e, dopo aver collaborato fino al 2012 con Koehler-Ruprecht, è stato coinvolto come co-proprietario e consulente per aziende portoghesi e sudafricane, ma soprattutto ha acquistato un piccolo appezzamento di viti vecchie nella sua vigna preferita di Kallstadt, naturalmente il Saumagen. Qui dal 2013 produce una vera rarità: 700-800 bottiglie all’anno di un’unica etichetta, della quale sono uscite al momento solo tre annate: le prime due (2013 e 2014) come spätlese trocken, mentre l’ultima (2015) come auslese trocken. Di recente ha ampliato la proprietà vitata a 0.5 ettari e continua ad appoggiarsi a una cantina della zona per le vinificazioni. 

I confini del Kallstadter Saumagen. Credit: www.weinlagen.info

Il vino di Philippi non ha una vera e propria distribuzione e viene venduto senza rispettare tempistiche canoniche (il 2014 e il 2015 per esempio sono stati rilasciati a breve distanza l’uno dall’altro nel 2019). Le bottiglie sono importate in Italia dal “benefattore” Francesco Agostini (per contatti: onewinelover@gmail.com). 


Kallstadter Saumagen spätlese trocken 2013 - Saumagen Riesling (Bernd Philippi) 
Fermentazione con lieviti indigeni e affinamento sulle fecce in botte grande. 
Il naso, complesso, esordisce su toni di pietra focaia e frutti giallo-arancioni (limone candito, melone), liberando poi note di pera, spezie (zenzero), burro d'arachidi e un carattere leggermente iodato. Il palato ha un lato grasso ma è percorso da una vena piccante; mostra volumi ampi e generosi contrastati dal lato sapido e da un’acidità matura. L’estrazione è importante, ma senza barocchismi, l’insieme è tonico e potente e conduce a un finale lungo, saldo e compatto dove emergono scie di pompelmo e di burro salato. 
Sta iniziando a entrare nella sua (lunga) fase di apice espressivo, quindi bevetelo adesso o dimenticatelo in cantina.

lunedì 9 marzo 2020

KARL ERBES

Erbes è un cognome storico della viticoltura in Mosella, ma l’azienda “Karl Erbes” è stata fondata dall’enologo omonimo solo nel 1967. Dopo esperienze giovanili in altre realtà e un’attività di consulenza presso molte aziende di Erden e Ürzig (proseguita anche dopo aver fondato la propria azienda), Karl è partito in proprio con soli 1.000 (!) metri quadrati di vigna a disposizione. 
Nel corso degli anni ha ampliato la superficie acquistando piccole parcelle nell’Ürziger Würzgarten e in particolare nell’area della sottozona Kranklay, accanto all’Erdener Prälat. Stefan Erbes, che lavora col padre dal 1984 e dal 2002 gestisce l’azienda, nel tempo ha ulteriormente ingrandito la superficie vitata fino ai circa 5 ettari attuali sparsi tra Ürzig, dove ha sede l’azienda, ed Erden, compresa una minuscola sezione in affitto nell’Erdener Prälat . 


Il 2017 è stata un’annata di rese molto basse (35 hl/ha) come nel resto della Mosella, principalmente a causa delle gelate di aprile, ma di eccellente qualità. Per Stefan Erbes vendemmia dall’1 al 16 ottobre, con i primi giorni riservati ai vini base, ai trocken e ai vini dei predicati più bassi, mentre l’ultima settimana – anche grazie all’arrivo della botrytis - è stata riservata ai predicati più alti e ai vini dolci. 
In cantina fermentazioni con lieviti indigeni e affinamenti sulle fecce fino all’imbottigliamento, che viene effettuato nella primavera successiva alla vendemmia. 
I due vini di cui ho scelto di parlarvi provengono dalla stessa azienda, dalla stessa annata e dalla stessa tipologia, ma da vigneti diversi (anche se attigui). Un faccia a faccia didattico che mette in luce le differenze, soprattutto pedologiche, tra diversi territori.


Erdener Treppchen spätlese trocken 2017 – Karl Erbes 
Da settori del Treppchen prossimi al Prälat. 
Il naso esordisce con note minerali e di fumo, poi agrumate, infine esprime una fine austerità floreale e di erbe (anice). Il palato è vivo, secco e austero, ma non duro, con un incedere dinamico e diritto anche se tutto sommato semplice e lineare. Bottiglia che probabilmente necessita ancora di un anno o due per aprirsi, ma che già ora costituisce una bevuta piacevole. 

Ürziger Würzgarten spätlese trocken 2017 – Karl Erbes 
Rispetto al precedente è più aperto, di lettura più immediata, con sensazioni olfattive di frutti gialli (pesca) e agrumi (pompelmo), ma anche di spezie dolci. La bocca ha più peso e un’avvolgenza che lo arrotonda facendolo virare verso la categoria halbtrocken (semi-secco), con una polpa morbida e cremosa che tuttavia trova un finale adeguatamente teso.

domenica 1 marzo 2020

...AND THE BEST KABINETT IS.../2


Ancora un grande kabinett sul RieslinGarten (qui l'ultimo di cui vi ho parlato) e ancora un kabinett di Willi Schaefer (qui avevo parlato di due vini del 2013 e dell'azienda) stavolta figlio dell’eccellente vendemmia 2017. 
Del resto la vigna è di rango, Graacher Himmelreich (Media Mosella), e il produttore anche. Willi Schaefer da anni ormai è nel gotha assoluto del Riesling.


Qualitativamente è stata un’ottima annata in Mosella, la 2017, anche per Willi Schaefer, seppur con tanti patemi d’animo causati da gelate (18-19 aprile) e grandinate (agosto) che hanno diminuito drasticamente le rese (-50%). In azienda la vendemmia è iniziata precocemente il 25 settembre ed è stata rapida a causa del clima che ha ristretto la finestra di raccolta impedendo di produrre quantità significative di auslese (solo una botte, peraltro destinata a un vino d’asta). Per fortuna i kabinett e gli spatlese sono di altissimo livello, con importanti estratti secchi, residui zuccherini relativamente contenuti e acidità elevate. Tutti gli imbottigliamenti sono stati fatti a inizio maggio del 2018. 


Graacher Himmelreich Kabinett 2017 – Willi Schaefer 
In questa fase giovanile il naso, molto preciso, è centrato soprattutto sul frutto (agrumi, albicocca, pesca) con qualche tono floreale, minerale e di erbe aromatiche (anice), ma avrà bisogno di ancora due-tre anni almeno per aprirsi. È il palato comunque a colpire più di qualunque cosa. Elettrizzante e succoso, vive di una tensione acida che lo percorre dall’inizio alla fine, in perfetto equilibrio con il residuo zuccherino. Un’acidità sferzante, ma matura, perfettamente integrata. La struttura è dinamica e chiude in grande scioltezza. 
Molto beverino oggi, darà ancora più soddisfazioni negli anni a venire disvelando i suoi lati più complessi. Da bere adesso o nei prossimi tredici-quindici anni, a voi la scelta.


lunedì 24 febbraio 2020

OLD SCHOOL PRÄLAT

Nuovo tuffo nell’Erdener Prälat (qui il primo post di sette anni fa, a cui vi rimando per un approfondimento sulla storia e le caratteristiche della vigna) presso il ristorante Cà dell’Orso di Torrano (Ponte dell’Olio, Pc). 
Stavolta la degustazione ha delineato un pezzo di storia del Prälat attraverso otto rare bottiglie del mitico marchio Christoffel-Berres, tra i massimi interpreti di quest’angolo di Mosella negli ultimi decenni fino al 1997, anno in cui ha cessato l’attività. 
Nata alla fine degli anni ’40, è stata l’ultima azienda discendente dall’originale azienda Berres a chiudere i battenti, sotto la guida di Elisabeth Berres – nipote di Peter Jos. Berres – e del marito Otto Christoffel. I consulenti aziendali sono stati Karl e Stefan Erbes, padre e figlio proprietari dell’azienda Karl Erbes, che negli ultimi anni hanno ritirato gli stock di vecchie annate di Christoffel-Berres. 
L’azienda possedeva in tutto 1.5 ettari di viti a piede franco nei migliori settori dell’Erdener Prälat, dell’Ürziger Würzgarten e dell’Erdener Treppchen, oltre a una piccola parcella nel Losnicher Fosterlay. I figli non hanno seguito le orme dei genitori e le vigne sono state in seguito affittate a Robert Eymael, manager delle aziende Joh. Jos. Christoffel Erben e Moenchof. 


In cantina fermentazioni spontanee e affinamenti in fuder di legno da 1.000 litri, con imbottigliamenti svolti poco prima della vendemmia successiva (fino agli anni '80) e nella primavera successiva alla vendemmia (a partire dagli anni ’90). 
Due note prima di iniziare il racconto delle bottiglie. Ancora una volta il Prälat ha dimostrato la capacità di unire una certa esuberanza espressiva con elementi di grande freschezza e, nei migliori casi, finezza. Un carattere unico dove volumetrie ampie e toni tropicali si sposano con uno slancio nordico. 
In degustazione vini trocken (secchi) e non, di annate comprese tra il 1988 e il 1996 e di vari predicati compresi tre vini d’asta. A parte i primi due vini trocken, tutti gli altri sfoggiano % alcoliche tra 7% e 8% con residui zuccherini tra 65 gr/l e 75 gr/l a esclusione degli ultimi due vini che oltrepassano i 100 gr/l. Le acidità, misurate all’imbottigliamento (quindi parecchi anni fa), vanno dai 7,5-8 gr/l dei due vini trocken agli 8,5-9,5 gr/l dei sei vini successivi. Tutti i vini, soprattutto i sei con residuo zuccherino, potranno dare ancora tanta soddisfazione nei prossimi dieci anni. 
Azzeccati gli abbinamenti con i piatti, che prevedevano tagliolini con acciughe, broccoli e peperoncino (con i due trocken), a seguire anatra all’arancia e per chiudere una selezione di formaggi caprini e vaccini (con gli ultimi due vini).


Erdener Prälat spätlese trocken 1988 
Si inizia con il vino più anziano del lotto (32 anni), un vino secco – 5 gr/l di zuccheri residui – vivo e sottile, lineare, che si esprime al naso attraverso note fruttate di susina matura, erbe aromatiche e confettura di rabarbaro. Il palato è nervoso e rasenta la magrezza, ma senza essere severo. Gradevole in generale, è un ottimo compagno per la tavola. 

Erdener Treppchen auslese trocken 1992 
L’intruso del giorno, dall’Erdenet Treppchen e in particolare dai settori del Treppchen confinanti con il Prälat. Rispetto al precedente mostra volumetrie più ampie (accresciute anche dai 9 gr/l di zuccheri) mantenendo comunque grande tonicità. Naso più contrastato, con il lato fruttato maturo che si unisce a sfumature minerali di zolfo/pietra focaia e a una lieve nota fungina che si riverbera anche nel finale di bocca. 


Erdener Prälat spätlese*** 1995 
Qui si entra nel campo dei vini dolci-non dolci, dove la magia degli equilibrismi gustativi dei Riesling della Mosella riesce a esprimersi al meglio. 
Olfatto ricco con note di marmellata di arancia e pompelmo, poi di susina gialla, frutti tropicali, erbe secche, spezie dolci e rabarbaro. Palato polposo con finale minerale e di pimpante precisione agrumata. Un vino di scalpitante leggerezza e di grande bevibilità. Una grande Spätlese. 

Erdener Prälat auslese** 1992 
Il naso esordisce con sensazioni di miele di corbezzolo, ananas e tè. Il vino attacca succoso in bocca per allungare dinamico e leggero. Finale fresco e molto lungo. Un’ auslese che punta sulla leggerezza di tocco e sulla finezza, complice anche l’annata per certi versi difficile, che se perde in muscoli e pienezza, nei casi migliori (come questo) guadagna in levità ed eleganza.


Erdener Prälat auslese*** Gold Kapsel 1992 (vino d'asta) 
Sempre dalla fresca annata ’92 il primo vino d’asta della giornata. Primo impatto soprattutto floreale (lavanda, viola), con sbuffi idrocarburici che emergono in sottofondo insieme a tocchi di albicocca e miele. Lo sviluppo gustativo è fresco e vitale, con ritorni aromatici di crema pasticcera e qualche tono lievemente balsamico. 

Erdener Prälat auslese*** 1995 
Aumentano il colore, il volume e il peso, in questa bottiglia che comunque mostra un mirabile equilibrio tra muscoli e freschezza. Note di pera e frutti tropicali, poi pasta di mandorla. Tanto frutto e qualche sfumatura che rimanda alla Botrytis. Il palato è pieno e ricco, ma innervato da un lato acido-sapido sferzante, con finale fresco e complesso che chiude su tonalità di miele e limone. 


Erdener Prälat auslese**** Gold Kapsel 1995 (vino d'asta)
Si sale ancora di volume (circa 14,5% di alcol complessivo) e di residuo zuccherino (106 gr/l). Il vino in effetti ha un lato grasso e largo, ma rimane sempre estremamente agile, ravvivato da un’acidità matura eppur decisa. Zafferano, pesca, spezie, ananas e pera si alternano sul fronte aromatico, confermando le stesse sensazioni anche a livello gustativo. Densità quasi oleosa ma dal passo leggero. 

Erdener Prälat auslese****Gold Kapsel 1996 (vino d'asta)
Ultimo vino del lotto, ed anche quello con il maggior contenuto di zuccheri (quasi 125 gr/l) e la % di alcol complessivo più elevato (circa 15,5%). Quasi un beerenauslese travestito da auslese. 
Naso abbondante anche se forse non di grana finissima: zafferano, frutti disidratati, cocco, crema pasticcera più idrocarburi e lievi screziature di funghi porcini. Il primo impatto gustativo potrebbe quasi farlo apparire monolitico, ma nell’articolazione e soprattutto nel finale di pompelmo sferra il colpo del campione chiudendo fresco e pimpante. Vispo e cremoso.