domenica 26 maggio 2019

RIESLING VIDEO-SCHULE 41

Torna la Video-Scuola con una intervista effettuata dallo staff di James Suckling a Katharina Prum, erede di una delle saghe viticole famigliari più importanti del vino europeo.
Si parla della mitica azienda J.J. Prum (oggi diretta da Katharina), dell'annata 2013, di Mosella e del mercato del vino ad Hong Kong.
In inglese, dura 4 minuti. Buona visione.


giovedì 16 maggio 2019

ITALIA-GERMANIA

Nuova degustazione del ciclo realizzato con Slow Food Piacenza e l'amico Luca Bersani (ciclo quasi giunto al termine, in giugno l’ultimo appuntamento dedicato ai Fiano campani). 
Un confronto ridotto alle sole Italia e Germania: sei vini di altrettanti territori, tre contro tre. Anzi sette, compreso un intruso tedesco inizialmente non previsto. 
Ospiti a La Tosa di Vigolzone, patria della Malvasia di Candia aromatica, abbiamo sondato il lato “secco”, o trocken, della faccenda, pressoché d’obbligo quando si parla di Riesling Renano prodotti in Italia, ma tutt’altro che scontato quando si va in Germania, nazione della quale abbiamo provato - tra gli altri - due Grosses Gewaechs ed un Erstes Gewaechs, equivalenti ad ipotetici Grand Cru vinificati secchi.


Le prime citazioni scritte sul vitigno, a metà del ‘300, si trovano in Rheingau e sempre in questa regione (ad ovest di Francoforte) nella prima metà del ‘700 avviene la svolta per la valorizzazione del riesling in Germania, con la totale riconversione varietale di Schloss Johannisberg ed in contemporanea il decreto del Principe di Fulda che obbliga i proprietari viticoli del Rheingau a piantare riesling. Da qui in poi quasi tutte le attenzioni si concentrano su questa varietà. 
E in Italia? In quegli anni il riesling non è ancora pervenuto, bisognerà attendere circa 150 anni. 
Nel frattempo il vitigno in Germania assume sempre più importanza, arrivando a vivere – dalla seconda metà dell’800 – una vera e propria epoca d’oro in cui i vini di Rheingau e Mosella si collocano nel gotha dei vini europei. Più o meno in quegli stessi anni, finalmente, il riesling arriva anche in Italia (nel sud Tirolo, in realtà, all’epoca non ancora “Italia”) e per alcuni decenni si tenta di comprendere come gestire l’oggetto misterioso arrivato da nord. I risultati non sembrano dei più incoraggianti, visti i commenti degli enologi dell’epoca, che paragonano i Riesling sud tirolesi ai Marsala, più che ai vini renani. 
Poi arrivano in rapida successione la fillossera e le Guerre Mondiali. Dopo, la ripartenza sarà difficile per tutti e l’epoca d’oro del Riesling tedesco termina, arrivando a toccare il fondo (di qualità e immagine) negli anni ’70-’80 del secolo scorso in particolare proprio nella regione del Rheingau. Grazie ad alcune aziende private finalmente la situazione inizia a cambiare e, nel giro di quindici-venti anni, torna florida. Oggi, dall’inizio degli anni ’00 il Riesling teutonico sta vivendo una seconda epoca d’oro.


Anche in Italia - Alto Adige e Piemonte - all’inizio degli anni ’90 del '900 qualcosa di importante inizia a muoversi. In particolare si assiste ai primi, veri tentativi di piantare vigneti progettati per produrre Riesling di elevata qualità (per 100 anni in Alto Adige, il “nostro” vitigno è presente solo come varietà da taglio). Per un approfondimento sul tema vi rimando qui
L’Italia dunque vive un netto ritardo nella valorizzazione del riesling, che però - pur non appartenendo del tutto alla tradizione del Bel Paese - continua ad affascinare i viticoltori per la grande sfida che esso rappresenta. 
Prima di raccontare i Riesling degustati, un doveroso, seppur fugace, cenno ad una bottiglia del padrone di casa Stefano Pizzamiglio, la Malvasia Sorriso di Cielo 2009, degustata a fine serata, ennesima conferma di quanto questo vitigno solo con gli anni riesca ad esprimere davvero tutte le proprie potenzialità.
Vi ricordo che questo post viene pubblicato in contemporanea qui e su www.viniconleali.blogspot.it.
Buona lettura.


BATTERIA N.1: ITALIA

VAL VENOSTA UNTERORTL 2017 – CASTEL JUVAL
Una delle aziende italiane di riferimento quando si parla di Riesling (sono ben quattro le etichette rieslingose prodotte, tutte di alto livello), ma anche una delle prime in Alto Adige e in Val Venosta – all’inizio degli scorsi anni ’90 – a credere nelle potenzialità del vitigno. 
Il vino più giovane, ed anche il più contratto, tra i sette degustati, ma tra gli italiani è probabilmente quello con le maggiori potenzialità. Al naso è ampio: subito agrumato, si allarga verso note di mela verde, fiori di sambuco e pesca gialla, in un contesto lievemente balsamico con rimandi rocciosi. Ha palato strutturato ma elegante, diritto e cristallino, con una propulsione gustosa, salata e fresca.

TERRE LARIANE SOLESTA 2015 – LA COSTA
Dal territorio che non ti aspetti, Brianza lecchese, Val Curone, a due passi da Monza e Milano, un progetto affascinante e visionario voluto dalla famiglia Crippa, che oltre ad un buon Riesling realizza anche un Pinot Nero sorprendente. 
Da un’annata calda e ricca, un vino che si esprime in toni vanigliati combinati con sensazioni di idrocarburi, gesso, selce, agrumi maturi, miele millefiori ed erbe aromatiche. In bocca si sviluppa pieno e con buona articolazione, animato da una forza salina che allunga la persistenza e torna in un finale elegante e ben risolto.

VALLE ISARCO KAITON 2012 – KUENHOF
Altra azienda di culto del Riesling prodotto in Italia, pioniera nella zona di Bressanone e nella Valle Isarco tutta, apprezzata dagli appassionati per l’etichetta Kaiton, tra i più longevi esempi “nostrani” di Riesling. 
Idrocarburo evidente (il vino più idrocarburico della serata) completato da scie speziate (pepe bianco) e di frutta matura (ananas). Il palato attacca largo, ma è saldo e sapido. Comunque appagante, mostra uno sviluppo più compassato del solito; incide con buona progressione salina anche se senza il consueto, tonico allungo a cui il Kaiton ci ha abituato.


BATTERIA N. 2: GERMANIA

NIEDERHAUSER HERMANNSHÖHLE 2012 – DÖNNHOFF
L’azienda che ha trasformato la Nahe da una Cenerentola in una tra le zone più intriganti e apprezzate della Germania viticola. Dopo Donnhoff, nulla è stato più come prima, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90-inizio anni ’00. L’Hermannshohle è il più importante vigneto della regione, in grado di generare alcuni tra i più grandi bianchi europei.
Appena stappato sprigiona note di lychee quasi da gewurztraminer, ma l’ossigenazione fa emergere altre sfaccettature e nel complesso, rispetto ad un assaggio risalente a due anni fa, la dolcezza di frutto ha fatto un passo indietro per cedere spazio ad un più austero lato minerale, gessoso e sassoso, completato da una sfumatura quasi balsamica che sfiora la canfora e da rimandi agrumati e tropicali. Palato ricco e potente, ma anche articolato: molto saporito, ravvivato da una acidità viva e armonica, chiude con un finale lungo e profondo.

FORSTER UNGEHEUER 2010 – MOSBACHER
Da uno dei “Grand Cru” di Forst, nel Pfalz, paesino con una concentrazione impressionanti di grandi vigne. L’Ungeheuer è il sito in cui i coniugi Mosbacher esprimono probabilmente il meglio della loro produzione, contrassegnata da vini precisi e territoriali.
Bottiglia che vive di contrasti e di tratti quasi schizofrenici, nel senso che il naso sprigiona principalmente toni caldi (frutti giallo-arancioni maturi, dall’albicocca secca all’ananas) con una appena accennata sensazione idrocarburica sullo sfondo, ma in bocca – dopo un attacco pieno e avvolgente – libera un’acidità sferzante quasi violenta, rinforzata da sensazioni di lime, che deve ancora integrarsi al meglio. Nervoso e stimolante, rappresenta al meglio gli estremi della vendemmia 2010.

HOCHHEIMER KIRCHENSTÜCK 2005 – KÜNSTLER
Un classico del Rheingau, Kunstler, che nelle vigne situate accanto alla chiesa di Hochheim, in una zona relativamente calda, realizza vini di immediata espressività ma che possono durare (e migliorare) nel tempo.
Impatto olfattivo “caldo”, su toni di miele di castagno e persino accenni di dattero e fico secco, poi chinotto candito e lieve liquirizia, per virare infine su toni di pasticceria e pietra focaia. Bocca glicerinosa e potente, ma compatta e salina (più che acida) e con finale ben risolto. Bottiglia più rassicurante della precedente, anch'essa fedele traduzione del territorio e dell’annata.


VINO A SORPRESA...


RUDESHEIMER BERG ROSENECK KABINETT 1986 – BREUER
La famiglia Breuer è un pezzo di storia del Riesling trocken tedesco e Bernhard – papà di Theresa, attuale proprietaria - in particolare è stato tra i promotori di Charta, pionieristica associazione nata negli anni ’80 che ha dato il la alla rinascita dei Riesling “secchi” tedeschi.
Una bottiglia che compirà presto 33 anni. Bel colore, tanto per cominciare, appena dorato con riflessi vivi e luminosi. Naso giustamente evoluto, che dalle lievi sensazioni fungine avvertite nei primi  secondi post stappatura, si sposta presto su sensazioni di agrumi maturi/canditi (bergamotto), poi croccantino, confettura di rabarbaro ed infine lievi note balsamiche. Il palato sfoggia grande equilibrio: esile e agile, oggi si muove con movenze leggiadre grazie ad una acidità e ad un ormai appena avvertibile residuo zuccherino perfettamente integrati nella struttura. Chiude salino e, ancora, con cenni agrumati. Complesso e di disarmante bevibilità. Solo i grandi ci riescono.